La Corte li ha ritenuti responsabili dell’omicidio di Marco Erittu, il detenuto trovato senza vita nel 2008 in una cella del carcere di San Sebastiano a Sassari, morte archiviata inizialmente come suicidio. Tutti gli imputati erano stati assolti in primo grado. Altri due agenti della Penitenziaria prescritti per favoreggiamento
Fine pena mai. La Corte d’appello di Sassari ha ribaltato la sentenza di primo grado condannando all’ergastolo Pino Vandi, Nicolino Pinna e l’agente penitenziario Mario Sanna, ritenendoli responsabili dell’omicidio di Marco Erittu, il detenuto trovato senza vita nel 2008 in una cella del carcere di San Sebastiano a Sassari, morte archiviata inizialmente come suicidio. Tutti gli imputati erano stati assolti in primo grado nel giugno 2014, ma il pg Gian Carlo Moi aveva chiesto il massimo della pena alla giuria popolare presieduta dalla giudice Plinia Azzena.
Il dibattimento si è aperto dopo le rivelazioni di un altro detenuto, il pentito Giuseppe Bigella, che nel 2011 confessò di aver ucciso Erittu, con l’aiuto di Pinna e su commissione di Pino Vandi, anche loro rinchiusi a San Sebastiano, e con la collaborazione dell’agente Sanna. A giudizio c’erano anche altri due agenti penitenziari, Giuseppe Sotgiu e Gianfranco Faedda, accusati di favoreggiamento ma per entrambi il pg aveva chiesto il proscioglimento per prescrizione del reato. Faedda è stato però condannato a 3 anni e 4 mesi per le dichiarazioni rilasciate agli inquirenti nel settembre 2011 quando fu riaperta l’inchiesta.
Prima della camera di consiglio l’imputato Pinna aveva rilasciato una dichiarazione spontanea. “Volevo sottolineare che conoscevo bene Erittu, siamo cresciuti assieme, era un mio amico, ed ero amico di tutta la sua famiglia – ha detto rivolgendosi alla Corte – Io non sono un violento, non sono mai stato condannato per atti di violenza. Dopo il carcere mi stavo rifacendo una vita, e adesso ho perso tutto. Avevo aperto un bar, e ho dovuto svenderlo, ho perso la mia famiglia. Ho perso tutto”.
Erittu era rinchiuso in una cella liscia, perché in qualche occasione aveva manifestato la volontà di uccidersi. Per questo motivo, spiega la Nuova Sardegna, la sua morte avvenuta per strangolamento con una coperta fu da subito archiviata come suicidio. Dopo tre anni però Bigella, portotorrese detenuto per l’omicidio a coltellate di una gioielliera durante una rapina nel 2005, aveva deciso di collaborare con gli inquirenti confessando di aver partecipato al delitto per metterlo a tacere, poiché a conoscenza di informazioni importanti riguardo alla mala sassarese e barbaricina. Il reoconfesso è stato condannato con rito abbreviato dal gup di Cagliari a 14 anni di carcere.