“Nasciamo dopo la chiusura di una multinazionale fallita nel 2009. Eravamo più di 600 dipendenti, stavamo in un call center e siamo rimaste senza lavoro. Io e mia sorella Stefania abbiamo deciso così di recuperare la casa di proprietà dei nostri nonni, un vecchio casale agricolo e un’azienda vinicola abbandonata da più di 20 anni. In quel momento è cambiata la nostra vita. L’azienda si chiama Canto di primavera del sogno antico, perché abbiamo deciso di riappropriarci delle nostre radici”.

Gabriella e Stefania Michelozzi erano in una situazione economica difficile dopo aver perso il lavoro, nel 2011. Senza stipendio, e per giunta da più di un anno e mezzo. Così le due sorelle di Forrottoli hanno deciso di recuperare la vecchia azienda dei nonni a Quarrata, comune in provincia di Pistoia, cominciando a lavorare il terreno di 5 ettari senza mezzi tecnici, ma solo con l’aiuto degli animali. “Io mi occupo principalmente di loro, mia sorella Stefania di tutto il resto”, dice Gabriella, 40 anni e un sorriso grande così. “Quando abbiamo deciso di tornare a fare il lavoro dei nostri nonni, legato alle tradizioni contadine toscane, abbiamo capito che la nostra vita sarebbe cambiata. Ci allontaniamo dalla mondanità, certo, ma ci siamo riappropriati del tempo”, racconta Gabriella.

Quello che per noi era un ricordo dei nostri nonni si è trasformato nel nostro presente

Per prima cosa le due sorelle Michelozzi hanno comprato pecore e capre, che mangiando l’erba incolta hanno ripulito parte del terreno, così da ripristinarlo. Col tempo la fattoria si è allargata fino ad ospitare mucche, polli, anatre, oche, maiali, cavalli, pony e asini. “È stato un riavvicinarsi alle tradizioni, riappropriarsi dell’agricoltura alla maniera antica”, continua. Prime reazioni? Di estrema difficoltà nell’approccio alla campagna: “Per noi era solo un ricordo dei nostri nonni, e invece si è trasformato nel nostro presente. Bisognava poi far capire anche ai vicini che gli animali che vivono qui sostituiscono il lavoro dei mezzi agricoli”. La giornata tipo è scandita in base alle stagioni, al tempo e al clima. Ci si alza alle 5 in estate e alle 6 in inverno. Vanno sistemati gli animali in stalla, si fa la mungitura di mucche, capre, pecore. Le controllano, le pettinano. Poi si esce con le pecore e le capre. Si fa il formaggio a latte crudo (la specialità locale, che “sta come il pomodoro a Pachino e la cipolla a Tropea”). La sera a letto, “ma se la mucca deve partorire si dorme nella stalla”, precisa Gabriella.

Il rapporto con la burocrazia è molto “ma molto” contorto: “La nostra è un’azienda multifunzionale, che si sostiene da sola. Non ci sono tante realtà simili in provincia di Pistoia. E la burocrazia è una delle cose più farraginose con cui può avere a che fare una fattoria come la nostra”. Un esempio? “Se perdo il microchip della mia pecora devo fare tre telefonate, aspettare più di 15 giorni per riaverlo e pagare per tutto. Una perdita di tempo e, a volte, denaro”.

Obiettivi per il futuro? Cercare di mantenere e ripristinare definitivamente il territorio della zona. “Attraverso il lavoro degli animali si può mantenere lo stato d’equilibrio. Un equilibrio che leghi ambiente, uomo e territorio. No, non penso che faremo soldi a palate – sorride Gabriella –. Ma mi alzerò con il sorriso sulle labbra ogni giorno, perché è quello che voglio fare nella vita”. Anche perché Gabriella ne è convinta: “Noi donne in agricoltura e pastorizia abbiamo una marcia in più – continua –. Abbiamo innato l’istinto di maternità. Ci prendiamo cura degli animali e li sappiamo allevare. Io non ho figli, i miei figli sono gli animali. La donna ha chiaramente più attenzione”.

Attraverso il lavoro degli animali si può mantenere lo stato d’equilibrio. Un equilibrio che leghi ambiente, uomo e territorio

Nella sua azienda, che è anche un agriturismo e fa parte del circuito Campagna Amica, Gabriella ha lanciato l’agricoltura sociale, collabora con diverse associazioni che si occupano di disabilità e si svolgono lezioni di fattoria didattica con gli studenti delle scuole della provincia. “Cosa consiglio a un giovane che si vuole avvicinare alla pastorizia? In primis avere una passione sfegatata per gli animali. Si deve entrare in una stalla e sentire il loro odore, respirarlo”. Passione, dedizione, senso dello spirito di sacrificio: “Avere gli animali vuol dire questo”. Anche saper aspettare: “L’animale non ti dà tutto quello che vuoi subito”. Ma soprattutto abnegazione: “Consiglierei di capire bene se si ha voglia di rinunciare alle feste, alla domenica, alla discoteca: se sei in grado di poter fare rinunce e hai un grosso spirito di sacrificio allora puoi entrare nel nostro mondo. Nella tua vita da pastore sarà tutti i giorni lunedì”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

La castrazione chimica? È solo (falsa) propaganda. E nasconde i veri problemi

next
Articolo Successivo

Tav, la politica ci mette la sordina. Ma tra poco tornerà (e farà litigare parecchio)

next