Partiti in cerca di un lavoro. Gli emigranti esistono anche in Italia. Vanno verso il nord del Paese, verso l’Europa, verso l’America. Lasciano la famiglia come a inizio Novecento, con una ideale “valigia di cartone”. Ecco alcune delle loro storie raccontate a valigiadicartone.ilfatto@gmail.com
Mi chiamo Claudio Careri, all’età di 30 anni, undici anni fa, decisi di lasciare la Calabria in cerca di migliori fortune, consapevole che chi emigra, a volte lo fa per coltivare ambizione e combattere la rassegnazione. La scelta di trasferirmi a Milano fu una cesura traumatica, gravida di conseguenze dal punto di vista emotivo e professionale. La mia valigia di cartone era piena di speranze, ma anche di un grumo di malinconia verso la terra maligna, secondo la celebre definizione di Philippe Noiret in Nuovo Cinema Paradiso. Un conto è andarsene a 18-20 anni per motivi di studio, altro è lasciare i propri affetti e il proprio mare a 30 anni, vissuti nella consapevolezza di voler spendere le proprie competenze sul territorio con spirito di amor loci.
Nel frattempo ho virato verso nuovi lidi professionali, ho messo su famiglia e mi sono radicato ‘Giù al Nord’. Non rinnego la scelta fatta: non si guarda indietro nemmeno per prendere la rincorsa! Sebbene prevalgano sempre lo spleen del rientro estivo in ‘terra patria’, dove ho ancora tanti amici e parenti, e un terronian way of life, confermato dal mantenimento dell’inflessione ‘idiomatica’ calabra come fattore di resistenza attiva. In paese ritorno spesso e noto che, oltre alle consuete emorragie di turismo sanitario Nord-Sud e ai soliti travasi post scolastici o universitari, c’è anche l’aspetto devastante dei neet di ritorno di 50enni.
Il Sud è niente allora? In realtà è un territorio ricchissimo di potenzialità, dove vive un terzo degli abitanti d’Italia, che si sta trasformando in un’enorme, desolante No hope land, soventemente tenuta in scacco dalle mafie, dal clientelismo e dal familismo amorale. La questione meridionale non sembra più al centro di alcuna agenda di governo da tempo immemore e lo spopolamento di alcune aree ha raggiunto livelli record. Mali che fatalisticamente scoraggiano e opprimono. E rimedi all’orizzonte non se ne vedono.