Tra gli arrestati dell'inchiesta milanese anche il politico di Forza Italia, considerato il dominus indiscusso non solo delle scelte della politica in provincia di Varese, ma anche in Regione Lombardia. Nell'ordinanza i beneficiari delle sue decisioni sono descritti come "totalmente proni alle direttive, sacrificando così sull’altare dell’obbedienza ogni residua forma di autonomia decisionale"
“Abbiamo in mano la provincia, punto. Io non mi muovo… io faccio il sole e la terra mi gira intorno”. Si esprime così Nino Caianiello, detto ‘il mullah’, parlando con uno dei suoi fedelissimi nel marzo del 2018. Una conversazione intercettata dagli inquirenti che hanno messo in luce il sistema corruttivo che ruotava attorno alla figura del ras gallaratese di Forza Italia. Il quadro tracciato nelle carte dell’inchiesta descrive nel dettaglio il funzionamento dell’associazione per delinquere di cui Gioacchino (Nino) Caianiello è ritenuto “il capo indiscusso“, tanto che oggi nei suoi confronti è stata disposta la custodia cautelare in carcere per effetto della “consistenza” delle prove a suo carico. L’elenco delle accuse è lunghissimo, si va dalla corruzione all’auto-riciclaggio passando per la turbativa di gara per arrivare all’istigazione alla corruzione nei confronti del governatore lombardo Attilio Fontana.
IL “SISTEMA VARESE” – Un sistema, quello orchestrato da Caianiello, basato su relazioni e influenze costruite e consolidate in decenni di lavoro. Da semplice gestore di una ricevitoria ha saputo costruirsi un impero, diventando l’uomo più influente nel centrodestra della provincia di Varese e poi in Regione Lombardia. Prima socialista, ha poi aderito a Forza Italia, compiendo la sua scalata al partito di Berlusconi, in cui si è imposto come come riferimento indispensabile in provincia di Varese attraverso l’associazione “Agorà – liberi e forti“. È stato per anni coordinatore provinciale del partito prima di cedere formalmente lo scettro all’europarlamentare Lara Comi, che proprio domenica 4 maggio lo ha ceduto a sua volta a Carmine Gorrasi (stretto collaboratore del mullah, finito pure lui ai domiciliari). Come sottolineato anche nelle carte dell’inchiesta, Caianiello risulta tutt’ora una “figura di assoluto rilievo nel panorama politico di Forza Italia, a livello quantomeno regionale“. Ed è lui stesso, in una conversazione intercettata, ad ammettere di avere ancora il controllo del partito: “io faccio il coordinatore provinciale di Forza Italia da trent’anni, questo è vero”. A tutti gli effetti, dunque, è ancora lui a muovere i fili degli accordi politici, imponendo alleanze, cercando contatti e dettando la linea ai suoi fedelissimi, anche in relazione alle prossime elezioni amministrative. Questo, nonostante nel novembre 2017 sia stato condannato in terzo grado a tre anni per concussione in relazione ad una maxi tangente da 250 mila euro, incassata nel 2004 per favorire il cambio di destinazione d’uso di un terreno e consentire così la realizzare di un centro commerciale. Protagonisti di quella vicenda furono l’architetto Piermichele Miano e l’imprenditore Leonida Emilio Paggiaro, finiti anche loro in carcere in relazione a quest’ultima inchiesta, in merito a nuovi illeciti di natura urbanistica.
IL RUOLO IN TUTTE LE NOMINE – Questo per dire che Caianiello è (o era) più di uno stratega di partito. Era un autentico “dominus”, capace di influenzare e indirizzare le scelte della politica. A lui, si legge nelle carte dell’inchiesta, “fanno capo le nomine delle principali società pubbliche della provincia, come raccolta rifiuti, servizio idrico integrato”. Nel tempo ha collezionato decine tra poltrone e incarichi. Ad esempio è stato per anni presidente di Amsc, la municipalizzata di Gallarate; nel 2015 ha ottenuto una consulenza semestrale da 45mila euro più iva da parte di Nord Energia (società del gruppo Ferrovie nord Milano) per “verificare le potenzialità delle energie rinnovabili nel Nord ovest lombardo”, come spiegava lui stesso. In seguito alla condanna definitiva per concussione (nel 2017) e la relativa pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, ha continuato a esercitare il suo potere attraverso persone di fiducia nei consigli di amministrazione, diventando di fatto amministratore di Accam, Prealpi servizi e Alfa Srl, società pubbliche che controllava.
“STRUTTURA PARA-FEUDALE”, “JURASSIC PARK” – Gli inquirenti descrivono il sistema come “una struttura para-feudale” in cui al dominus fanno riferimento i “vassalli”, uomini di sua fiducia che, per “riconoscenza rispetto all’importante investitura ottenuta, risultano totalmente proni alle direttive, anche minuziose e dettagliate, impartite dal vertice, sacrificando così sull’altare dell’obbedienza ogni residua forma di autonomia decisionale”. E sono i suoi stessi vassalli a riconoscergli una capacità pervasiva fuori dal comune. In particolare Diego Sozzani (oggi deputato) definisce Caianiello “Jurassic Park“, uno che è meglio non avere contro per la ferocia con cui si muove: “Sai se avessimo uno contro come il Caianiello?! – dice mentre parla con Mauro Tolbar -. Questo poi passa la giornata al bar a ravanare se ti metti contro, eh!”. “Come fare un bidè in vasca di piranha cazzo!”. Sostanzialmente sottolineano come averlo contro “significa non ricevere più alcun incarico dalle società pubbliche controllate”.