. Il collettore dei soldi ai partiti, secondo la ricostruzione della procura guidata da Francesco Greco, era l'imprenditore Daniele D'Alfonso che "in occasione della campagna 2018 per le consultazioni politiche e regionali" avrebbe corrisposto "sistematici finanziamenti illeciti a soggetti politici", compreso il partito di Giorgia Meloni. Nelle carte la ricostruzione del "complesso passaggio di denaro". La replica di Fdi: "Mai ricevuti finanziamenti illeciti, nostri bilanci trasparenti"
I finanziamenti illeciti alla politica da parte di uno degli arrestati nell’inchiesta della Dda di Milano sono stati disposti in favore di Fratelli d’Italia. È quanto afferma il gip del Tribunale di Milano Raffaella Mascarino nell’ordinanza con la quale ha disposto gli arresti di 28 persone e misure cautelari per altre 15. Il collettore dei soldi ai partiti, secondo la ricostruzione della procura guidata da Francesco Greco, era l’imprenditore Daniele D’Alfonso che “in occasione della campagna 2018 per le consultazioni politiche e regionali” avrebbe corrisposto “sistematici finanziamenti illeciti a soggetti politici”, tra cui Fabio Altitonante, consigliere lombardo di Forza Italia arrestato, Diego Sozzani, parlamentare di Forza Italia (chiesti gli arresti domiciliari) e Angelo Palumbo, anche lui di Fi, “nonché al partito Fratelli d’Italia”. Un’ipotesi rigettata da Fdi: “Mai ricevuto illecitamente alcun finanziamento. Lo dimostra la stessa indagine della magistratura che ha portato all’arresto di oltre 40 persone tra imprenditori e politici, senza coinvolgere in alcun modo esponenti di Fdi. Nessun nostro iscritto o dirigente infatti, è stato raggiunto neppure da un avviso di garanzia”, scrive in un comunicato il movimento di destra.
La vicenda dei soldi al partito di Giorgia Meloni è ricostruita nel dettaglio. Nel capo d’imputazione si legge che Damiano Belli, legale rappresentante della Ambienthesis, di cui è amministratore di fatto Andrea Grossi – tra gli eredi di Giuseppe Grossi, il ‘re’ delle bonifiche in Lombardia – “elargiva” Fratelli d’Italia “un contributo economico” di 10mila euro “in assenza della prescritta delibera da parte dell’organo sociale competente” e “senza annotare l’elargizione nel bilancio d’esercizio”. L’erogazione è avvenuta poche ore dopo la chiusura delle urne, “su richiesta di D’Alfonso, a sua volta azionato da Grossi”, attraverso un bonifico effettuato su “un conto corrente intestato a Fratelli d’Italia Alleanza Nazionale” e aperto presso la filiale Bpm di Roma Montecitorio, laddove.
Secondo la sintesi del giudice per le indagini preliminari Grossi “intende finanziare” la campagna elettorale di Fratelli d’Italia e, “”non volendo figurare come finanziatore”, chiede a D’Alfonso di “curare le modalità di esecuzione del finanziamento”. A questo punto viene “organizzato un complesso passaggio di denaro per cui il bonifico al partito viene fatto, materialmente, da Gianfranco Gumiero”, imprenditore nel settore dei servizi ecologici e autospurghi e dall’aprile 2014 assessore all’Ecologia del Comune di Caronno Varesino, attraverso la moglie. Gumiero – secondo gli accertamenti investigativi – viene “rimborsato da D’Alfonso, che a sua volta riceverà il denaro da Grossi” attraverso “fatturazioni per operazioni inesistenti-note di credito” definito “un “premio produzione” fatturato dalla società Ambienthesis della famiglia Grossi in favore della Ecol Service Srl“.
Alla base della contestazione ci sono diverse intercettazioni telefoniche, tra le quali una del 27 febbraio 2018 tra D’Alfonso e il padre e un’altra del 2 marzo. Mentre sono a bordo dell’auto “fanno riferimento a Andrea Grossi il quale ha chiesto a D’Alfonso” di fare “una donazione al partito dell’On. La Russa, ovvero Fratelli d’Italia”, annota il gip. Dice D’Afonso non sapendo di essere ascoltato: “Andrea (Grossi, ndr) mi ha chiesto di fargli una donazione al partito di coso… di come si chiama… di La Russa” (estraneo all’inchiesta, nda). Tre giorni dopo, sempre D’Alfonso: “Devo trovare uno che fa… devo andare adesso da un amico di mio padre (Gianfranco Gumiero, annota il gip) mi fa un bonifico da diecimila euro a Fratelli d’Italia”. Poi l’imprenditore chiosa: “Un casino ‘sta campagna oh!”.
Poco dopo, prosegue il giudice per le indagini preliminari, D’Alfonso “contatta telefonicamente” Gumiero “proponendogli un incontro per chiedergli il favore”. “Io alle 3 sono a Castellanza, devo venire da te che ho bisogno di un favore…”, spiega D’Alfonso all’amico. “Vieni vieni, ti aspetto…”, risponde Gumiero premurandosi di chiedere a D’Alfonso se ha o meno le gomme da neve perché nevica. Dopo aver incontrato Gumiero, D’Alfonso chiama il padre, spiega il gip, e “gli conferma la disponibilità” dell’imprenditore e sua moglie “ad effettuargli il favore che gli aveva chiesto Andrea (Grossi, ndr) e nell’occasione specifica che è meglio – per non destar sospetti – che il bonifico lo facciano loro poiché sono di Varese”. Frank, come lo chiama mentre parla con il padre, “mi ha detto di sì (…) per quel favore là…”, spiega.
In altre conversazioni captate dagli investigatori, prosegue il gip, “emergere in maniera dettagliata che il bonifico in argomento è stato materialmente effettuato dalla moglie di Gumiero”. D’Alfonso, specifica il magistrato, “dice alla donna di attenersi all’utilizzo dell’Iban riportato sul biglietto cartaceo che lui stesso ha ricevuto” da Grossi “ed al quale dovrà renderlo”. Il 2 marzo, ricostruisce il magistrato, la moglie di Gumiero “mentre sta effettuando il bonifico bancario tramite home banking, precisa a D’Alfonso che l’Iban che c’è scritto sul bigliettino che le ha fatto avere non corrisponde al nominativo del beneficiario (ossia che verosimilmente non è l’Iban ufficiale del partito Fratelli d’Italia)“, ma l’imprenditore arrestato “le dice di fidarsi di lui e di procedere ad effettuare il bonifico sull’Iban riportato sul bigliettino perché non l’ha trascritto lui, bensì gli è stato a sua volta consegnato da terza persona e che tanto il denaro a lui lo ridaranno”. Il giorno dopo, D’Alfonso si attiva per far arrivare la “ambasciata” all’amministratore della società riconducibile a Grossi che “il favore che gli avevano chiesto è stato effettuato e che il bonifico lo ha materialmente effettuato”.
L’episodio del presunto finanziamento illecito a Fratelli d’Italia, secondo il gip, è illuminante perché dimostrebbe come Grossi “volendo (…) sfruttare l’occasione della campagna elettorale in corso, ma, evidentemente, non sapendo a quali strumenti ricorrere per dissimulare il finanziamento illecito (…) si rivolga, per così dire, a colpo sicuro, all’amico e collega D’Alfonso”. È “evidente – scrive il gip – che nel giro delle amicizie di D’Alfonso” di cui fa parte Grossi, come evince il gip dalla sua partecipazione a una serata organizzata in un night-club di Lissone, “si è sparsa la voce che costui, tramite Tatarella, conosce il know-how dell’illecita operazione ed è disponibile a prestarsi per far raggiungere ai propri conoscenti lo stesso risultato”. Questa constatazione, spiega, “ha evidenti riflessi a proposito del riconoscimento dell’esistenza di una struttura organizzativa messa in piedi da D’Alfonso ed operante a Milano, costituita essenzialmente dalla rete di relazioni e dal flusso di informazioni di cui egli dispone grazie allo stretto legame intessuto” con il forzista Tatarella.
La ricostruzione della magistratura è respinta da Fratelli d’Italia: “I contributi pubblici sono tutti registrati a norma di legge e i nostri bilanci sono da sempre trasparenti e a disposizione di chiunque voglia verificarli. Nel sottolineare come le parole espresse oggi in conferenza stampa dal Procuratore – che ben conosce tutti i fatti relativi alla vicenda giudiziaria – possano aver involontariamente tratto in inganno la stampa, invitiamo i media a riportare con la massima attenzione l’esatta dinamica dei fatti”. Fratelli d’Italia, continua la nota, “semmai in questa vicenda si considera parte lesa” e quindi “diffida chiunque volesse accostarla indebitamente a fatti e persone oggetto dell’indagine e dà, sin d’ora, mandato ai propri legali per tutelare il buon nome del movimento che, da sempre, è in prima linea nel rispetto della legge”.