Guardate il video qui sotto: lei avrà due anni e si stringe forte alla mamma. Ha paura, la piccola, è solo una bambina. Ogni tanto strizza gli occhi e vorrebbe forse tapparsi le orecchie, ma non lo fa per non mollare la presa attorno alla mamma.

La vicenda della casa popolare di Casal Bruciato assegnata a una famiglia di origine rom riflette un contesto che supera di gran lunga quella cosiddetta “guerra tra poveri” di cui tanto si è parlato. E’ una vicenda dove la povertà non c’entra o c’entra poco, perché è schiacciata dall’intolleranza e dal pregiudizio, che lasciano indietro chiunque, anche i diritti dei più poveri. Il pregiudizio è brutto perché arriva a tanto: arriva a scagliarsi contro tutto e tutti. E non importa che tu abbia zero o 90 anni: devi finire nella folla che ti accerchia e che ti mette paura.

Questa vicenda è una brutta, bruttissima storia, dove regna la banalità del male, tradotta non solo nel “ti stupro”, ma in una folla di persone che non si fa problemi ad accerchiare una mamma con in braccio una bambina e che vorrebbe vederle impiccate entrambe. Una storia filtrata dall’odio e dalle strumentazioni, che tollera fascisti e stupratori, spacciatori e mafiosi (che troppo spesso si infiltrano negli alloggi popolari) con cui però siamo abituati a convivere. E in questa abitudine al male si insinua facilmente la volontà di una folla che non si ferma neanche davanti a una bambina.

E’ il racconto di una città sempre più inospitale e sempre meno accogliente che fa da sfondo a quelle immagini. Una storia che non ci piace, perché se da un lato sappiamo bene quanto sia difficile vivere in un alloggio popolare nella periferia di Roma, dall’altro non c’è nulla che possa giustificare i contenuti e le forme di quella protesta. Noi vogliamo scrivere un’altra storia, quella di una città aperta, antifascista e antirazzista, dove nessun bambino debba più sentirsi accerchiato. Buona vita piccola, ci auguriamo per te un finale diverso.

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