Scontro a distanza tra il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli e il governatore leghista del Veneto Luca Zaia sul Mose. Il Mit ha infatti presentato un emendamento al decreto Sblocca cantieri che prevede la nomina di un Commissario straordinario al sistema di dighe mobili per la difesa di Venezia dall’acqua alta e stima in circa 100 milioni l’anno il costo per la gestione e la manutenzione delle barriere. Secondo la relazione tecnica i soldi andranno trovati “mediante una compartecipazione finanziaria da parte delle Amministrazioni e degli Enti a vario titolo interessati al corretto funzionamento del Sistema”. Ovvero lo stesso Mit, il Tesoro, il ministero delle Politiche agricole, quello dei Beni culturali e la Regione Veneto con 15 milioni ciascuno, Città metropolitana e Comune di Venezia con 10 milioni ciascuno e Autorità di sistema portuale con 5 milioni. E il testo prefigura l’introduzione di un’imposta di scopo con ricavato vincolato.

L’imposta “andrebbe a gravare – si legge nella relazione – sui turisti, anche giornalieri, di Venezia quali beneficiari ultimi del servizio di difesa della laguna, tenendo in debita considerazione che la Città di Venezia conta circa 28 milioni di presenze turistiche all’anno”. Zaia ha subito fatto sapere di non condividere “neanche una riga di quell’emendamento” e di volersi adoperare perché non venga approvato: “Il Mose è un’opera nazionale e se ne deve occupare il governo. Lo dissi in tempi non sospetti che non avrei accettato da nessun Governo di nessun colore di dover tirare fuori soldi per un’opera che più nazionale di così non si può; dissi anche, e qualcuno rise, che sarebbero serviti 100 milioni l’anno per la sola manutenzione. Ecco, il nodo è venuto al pettine, ma nessuno pensi che a scioglierlo siano le tasche del Veneto e dei Veneti”.

“Si vogliono scaricare i costi su una Regione tax free, che non applica nessuna addizionale regionale ai suoi cittadini lasciando nelle loro tasche un miliardo e 170 milioni l’anno – continua il governatore – e addirittura ci si vorrebbe designare come esattori di una tassa. Non se ne parla nemmeno. Se lo Stato esiste, gestisca in proprio la questione nazionale del Mose. Punto”. “Per giunta – aggiunge il presidente del Veneto – tutto questo accadrebbe mentre si continua a negarci, ritardando un processo inarrestabile, l’autonomia. Ebbene, questo ragionamento sul Mose va in direzione diametralmente opposta: lo Stato vorrebbe imporci di spendere soldi e mettere tasse per un’opera dello Stato stesso, che ha l’obbligo morale e istituzionale di occuparsi della salvaguardia di una città unica al mondo, che è patrimonio del mondo intero. Avessimo l’autonomia potremmo almeno fare un ragionamento, ma oltre a non darcela, per ora, ci si inventa anche nuove imposizioni nazionali. Da parte mia, strada sbarrata“.

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