Uno dei personaggi al centro dell'indagine anticorruzione della procura lombarda è Daniele D'Alfonso, giovane imprenditore milanese nel settore delle bonifiche ambientali. Viene intercettato mentre parla con i politici Tatarella e Altitonante. E una metafora agricola per riferirsi a quello che il gip definisce il suo "sistematico comportamento corruttivo"
La chiamava la “semina” ma il grano, la frutta e qualsiasi tipo di ortaggio c’entravano ben poco. Per Daniele D’Alfonso i semi erano le mazzette usate per finanziare i politici. Almeno secondo la ricostruzione dell’ultima inchiesta della procura di Milano, che ha portato all’arresto di 28 persone. Sotto indagine sono finiti più di novanta tra politici, imprenditori, burocrati e manager pubblici. Le accuse sono diverse: si va dall’associazione a delinquere aggravata dall’aver favorito la mafia al finanziamento illecito ai partiti fino alla corruzione per spartirsi e aggiudicarsi appalti pubblici.
Il rampante “seminatore”- Uno dei personaggi al centro dell’indagine è proprio D’Alfonso, giovane imprenditore milanese nel settore delle bonifiche ambientali con la sua Ecol-Service srl. È l’unico al quale è stata contestata l’aggravante di aver agevolato il clan di ‘ndrangheta dei Molluso di Buccinasco. Per l’accusa faceva lavorare uomini e mezzi dei clan negli appalti presi pagando appunto tangenti. Secondo la procura guidata da Francesco Greco, era D’Alfonso a pagare Pietro Tatarella, consigliere comunale e candidato alle Europee di Forza Italia. Una “semina” fatta da consulenze fittizie da 5mila euro al mese. Ma nell’ordinanza del gip Raffaella Mascarino si parla anche di “biglietti aerei, di viaggi di piacere, l’uso di una serie di autovetture, la disponibilità di una carta di credito American Express abilitata al prelievo di contante”.
Il pranzo coi due politici di Forza Italia – Ed è proprio parlando con Tatarella e Fabio Altitonante – l’altro politico di Forza Italia coinvolto nell’inchiesta – che D’Alfonso usa quella metafora agricola. È il 22 gennaio del 2018 e gli investigatori registrano i tre all’uscita del ristorante milanese “Da Berti”. Sono a bordo della Smart dell’imprenditore, voe gli inquirenti hanno piazzato una cimice. Quello di D’Alfonso è quasi un monologo: “Sto lavorando perchè mi sto muovendo io, non perchè si muove lui…eh…perchè se fosse per lui sarei morto…adesso sai cosa ha fatto, (inc) lui, (inc) uno della Sardegna si è comportato male con lui…adesso ha bisogno di me, hai capito?…uno della Sard, sto raccontando una cosa, però mi devi ascoltare Fabio, sennò parli solo tu (bestemmia), uno del mio mestiere di là, che gli era comodo, si è comportato male, sai quando lui se la prende poi dopo chiude (inc), adesso gli vado bene io, capito!..sennò quello lì era il numero uno ed io ero un coglione”. I due politici intervengono ma le microspie registrano spesso frasi incomprensibili.
“Io a tutti quanto ho dato da mangiare” – A un certo punto l’imprenditore interviene secco. “Finché non li vedi, non ci credi. Io sono tranquillo. Fortunatamente ho seminato talmente tanto! Io a tutti quanto ho dato da mangiare. Ma io non vado a pregare, sto lavorando” . Per il giudice quella frase serve a sottolineare “come la sua situazione aziendale sia florida proprio grazie al suo sistematico comportamento corruttivo“. La metafora agricola sembra piacere al giudice che la usa più volte per descrivere la posizione di D’Alfonso durante l’ordinanza. Il gip parla di “incessante ‘attività di semina’ attraverso l’elargizione di denaro e di altre utilità a politici, amministratori pubblici e privati da cui spera di ottenere favori”.
La stagione della semina: le elezioni – Tra l’altro l’imprenditore pronuncia quella frase a due mesi dalla elezioni politiche e da quelle regionali. Scrive il giudice: “La stagione si presenta per D’Alfonso particolarmente favorevole all’attività di ‘semina‘: sono in corso due competizioni elettorali molto importanti ed occorre approfittare dell’occasione, da un lato, per farsi amici uomini politici, finanziando illecitamente la loro campagna elettorale, (politici che – in caso di vittoria – andranno a rivestire ruoli chiave per il suo settore di attività ed a cui a quel punto si presenterà per riscuotere il credito acquisito nei loro confronti), e, dall’altro, per ungere le ruote dei manager pubblici o privati che appartengono allo stesso schieramento e che, in caso di vittoria, verranno riconfermati o promossi (che, a loro volta, si troveranno a dover ripagare i favori a suo tempo ricevuti dall’infaticabile e prodigo D’Alfonso)”.
Il giudice interrompe la semina – L’inchiesta documenta i contatti dell’imprenditore con il mondo politico: anche lontano dalla sua Milano. “L’attività di ‘semina’ di D’Alfonso – continua il gip – non si limita all’area milanese (dove attraverso il finanziamento illecito di 25.000 euro si è assicurato i favori, per sé o per altri, di Altitonante Fabio) e alla Regione Piemonte (di cui era consigliere Sozzani Diego poi divenuto membro della Camera dei Deputati, – ma con un profondo radicamento in buona parte delle province piemontesi, – attraverso il finanziamento illecito a sostegno della sua campagna elettorale pari a 10.000 euro) ma, grazie alla preziosa collaborazione di Caianiello Gioacchino, rinforza i propri contatti politici nella ricca provincia di Varese“. Tanto “lavoro” non porta i risultati sperati: l’imprenditore infatti finisce agli arresti. E il giudice annota: “Non vi è dubbio che la dispendiosa e faticosa attività di semina iniziata nel 2017, portata avanti nel 2018 e nel 2019 determinerà D’Alfonso a raccogliere, sempre attraverso le vie illecite, tutti i possibili frutti maturati: ciò rende concreto e quanto mai attuale il pericolo di reiterazione di condotte analoghe a quelle esaminate nell’ambito della presente ordinanza”. La semina viene interrotta poco prima della raccolta dei frutti.
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