Il provvedimento del Papa punta a evitare nuovi casi coperti dalle gerarchie ecclesiastiche, come avvenuto in passato. E a chi li denuncia, laici compresi, "non può essere imposto alcun vincolo di silenzio". Ma nelle diocesi ci sono resistenze
Papa Francesco rafforza le norme per il contrasto della pedofilia. Dopo i tre documenti contro gli abusi pubblicati un mese dopo il summit tenutosi in Vaticano, Bergoglio ha emanato una nuova legge per evitare che in futuro questi reati possano essere ancora coperti dalle gerarchie ecclesiastiche, come avvenuto in passato. Tre le novità più importanti che, come le norme precedenti, entreranno in vigore dal primo giugno 2019: l’apertura di uno sportello per le denunce in tutte le diocesi del mondo entro giugno 2020; l’obbligo di segnalazione degli abusi; e il contrasto delle coperture. Proprio su quest’ultimo punto, il Papa menziona esplicitamente “cardinali, patriarchi, vescovi e legati del Romano Pontefice” per far comprendere che non ci saranno trattamenti di favore per nessuno. Precisando che la copertura degli abusi consiste “in azioni od omissioni dirette a interferire o ad eludere le indagini civili o le indagini canoniche, amministrative o penali, nei confronti di un chierico o di un religioso in merito ai delitti” di pedofilia e pedopornografia.
È indubbio che, come già avvenuto per le precedenti norme che riguardavano principalmente la Curia romana, anche questa nuova legge susciterà numerose resistenze, non solo all’interno del Vaticano, ma anche in quei cardinali e vescovi che non metteranno subito in atto le disposizioni stabilite da Francesco. Soprattutto per ciò che concerne l’apertura degli sportelli per le denunce che in ogni diocesi dovranno accogliere le vittime ed esaminare rigorosamente i loro casi. Per non continuare a insabbiare la pedofilia così come avvenuto per decenni in numerosi episcopati cattolici del mondo.
“I crimini di abuso sessuale – scrive Bergoglio – offendono Nostro Signore, causano danni fisici, psicologici e spirituali alle vittime e ledono la comunità dei fedeli. Affinché tali fenomeni, in tutte le loro forme, non avvengano più, serve una conversione continua e profonda dei cuori, attestata da azioni concrete ed efficaci che coinvolgano tutti nella Chiesa, così che la santità personale e l’impegno morale possano concorrere a promuovere la piena credibilità dell’annuncio evangelico e l’efficacia della missione della Chiesa”. Il Papa precisa che “anche se tanto già è stato fatto, dobbiamo continuare ad imparare dalle amare lezioni del passato, per guardare con speranza verso il futuro. Questa responsabilità ricade, anzitutto, sui successori degli apostoli, preposti da Dio alla guida pastorale del suo popolo, ed esige da loro l’impegno nel seguire da vicino le tracce del divino maestro”.
Francesco chiarisce, inoltre, che “quanto in maniera più stringente riguarda i successori degli apostoli, concerne tutti coloro che in diversi modi assumono ministeri nella Chiesa, professano i consigli evangelici o sono chiamati a servire il popolo cristiano. Pertanto, è bene che siano adottate a livello universale procedure volte a prevenire e contrastare questi crimini che tradiscono la fiducia dei fedeli. Desidero che questo impegno si attui in modo pienamente ecclesiale, e dunque sia espressione della comunione che ci tiene uniti, nell’ascolto reciproco e aperto ai contributi di quanti hanno a cuore questo processo di conversione”.
Nelle sue nuove norme, Bergoglio stabilisce che non sono solo gli ecclesiastici ad avere “l’obbligo di segnalare tempestivamente” gli abusi al vescovo del luogo dove sono avvenute le violenze, ma “chiunque può presentare una segnalazione”, ovvero anche i laici. Ciò, precisa il Papa, “non costituisce una violazione del segreto d’ufficio”, aggiungendo che “a chi effettua una segnalazione non può essere imposto alcun vincolo di silenzio riguardo al contenuto di essa”. Bergoglio precisa, inoltre, che le nuove “norme si applicano senza pregiudizio dei diritti e degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali, particolarmente quelli riguardanti eventuali obblighi di segnalazione alle autorità civili competenti”. Il Papa riprende anche una proposta che era emersa durante il summit degli abusi. Ovvero la possibilità di affidare all’arcivescovo metropolita le indagini nel caso in cui la persona denunciata sia uno dei vescovi delle diocesi suffraganee. Colui che è incaricato di investigare dopo trenta giorni trasmette alla Santa Sede un’informativa sullo stato delle indagini, che devono essere concluse entro il termine di novanta giorni, salvo possibili proroghe per “giusti motivi”. In questo modo, per la prima volta, vengono stabiliti tempi certi e rapidi dei procedimenti sugli abusi.
Twitter: @FrancescoGrana