L'ex presidente dell'assemblea Capitolina, Marcello De Vito, ha fornito dichiarazioni spontanee ai pm nel carcere di Regina Coeli, dove è rinchiuso dal 20 marzo scorso con l'accusa di corruzione. I suoi legali: "Ha fornito chiarimenti agli inquirenti spiegando nel dettaglio i vari passaggi della procedura"
“Non sono un corrotto né una persona corruttibile”. L’ex presidente dell’assemblea Capitolina, Marcello De Vito, ha fornito dichiarazioni spontanee ai pm della procura di Roma nel carcere di Regina Coeli, dove è rinchiuso dal 20 marzo scorso con l’accusa di corruzione nell’ambito di un filone dell’inchiesta sullo stadio della Roma.
Durante l’incontro con i magistrati, durato circa 2 ore, “ha fornito chiarimenti agli inquirenti spiegando nel dettaglio i vari passaggi della procedura che ha portato poi alla delibera sul nuovo stadio della Roma”, hanno riferito i suoi avvocati. L’ex esponente pentastellato, hanno aggiunto, “ha precisato che sul progetto stadio le decisioni sono state sviluppate e condivise dall’intero gruppo del M5S”.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, attraverso pressioni e manovre, anche nei confronti di inconsapevoli assessori e consiglieri, De Vito tramava per aiutare l’avvocato Camillo Mezzacapo a ottenere incarichi e consulenze dagli imprenditori che volevano portare avanti progetti urbanistici dai Mercati generali all’ex stazione di Trastevere al polo sportivo sull’area dell’ex Fiera o anche lo spostamento della sede di Acea nel Business park. Secondo il gip, le tangenti erogate o promesse ammontano a circa 400mila euro tra soldi erogati e promessi. Ma soprattutto si era reso disponibile nei confronti dell’imprenditore Luca Parnasi per l’affare del nuovo stadio della Roma.
Nei confronti di Parnasi, l’imprenditore arrestato nel giugno 2018 e che con le sue dichiarazioni ha dato impulso alla nuova tranche dell’inchiesta, De Vito “esprime l’intenzione di ricercare egli stesso il sostegno di soggetti quali il Ferrara (Paolo, capogruppo M5s in Comune) e Frongia (Daniele, assessore allo sport, ndr) appartenenti alla sua parte politica non celando altresì il rapporto preferenziale instauratosi con il Lanzalone (Luca, il consulente finito ai domiciliari a giugno)“.