Quattordici anni di carcere. Tre anni e mezzo in più rispetto alla richiesta della pubblica accusa. È una sentenza pesante quella emessa nei confronti di Antonello Montante. Al gup di Caltanissetta, Graziella Luparello, sono bastate meno di tre ore di camera di consiglio per condannarlo a 14 anni di reclusione. L’ex presidente di Confindustria Sicilia, considerato per un decennio un paladino dell’Antimafia, era accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo a sistema informatico. Per lui l’accusa – rappresentata dal procuratore di Caltanissetta Amedeo Bertone e dai pm Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso – aveva chiesto la condanna a dieci anni e sei mesi di reclusione. Il giudice gli ha dunque inflitto una pena più severa.

Procuratore: “Sentenza certifica solidità delle accuse” – “Il dispositivo certifica il buon lavoro svolto dal nostro ufficio e la solidità dell’impianto accusatorio da noi portato in aula, poi bisognerà attendere le motivazioni per una valutazione più approfondita”, commenta il capo degli inquirenti nisseni dopo la sentenza. E replica anche alle accuse di Carlo Taormina, difensore dell’imputato: “Non so di cosa parli la difesa di Montante quando parla di pressioni che ci sono state sul processo Montante, certamente l’ufficio di procura si è mosso in condizione di assoluta libertà senza alcun condizionamento. Abbiamo cercato le prove per ricostruire questo sistema che ha trovato riconoscimento nel dispositivo della sentenza”, ha detto Bertone. “La sentenza e le relative condanne a Montante ed i suoi sodali, presunti servitori dello Stato, dimostrano definitivamente la gravità del cosiddetto sistema Montante. La scelta del rito abbreviato pone quindi un punto fermo su questo sistema corruttivo che ha focalizzato l’accesso alle informazioni riservate del ministero dell’Interno per usare queste informazioni come merce di scambio o di ricatto. Mi aspetto prese di posizione nette e chiare dalla politica”, dice Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia. L’ex leader degl’imprenditore dell’isola era al centro del cosiddetto “Sistema Montante“, una rete spionistica utilizzata per salvaguardare se stesso e colpire gli avversari dandogli la possibilità di essere la testa di un “governo parallelo” in Sicilia.

Le altre condanne – Gli altri imputati –  accusati vario titolo per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, alla rivelazione di notizie coperte dal segreto d’ufficio, al favoreggiamento – sono stati condannati quasi tutti: il colonnello Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta a 3 anni (la richiesta era di 4 anni e 6 mesi), il sostituto commissario Marco De Angelis a 4 anni, (chiesti 6 anni e 11 mesi), il capo della security di Confindustria Diego Di Simone a 6 anni (chiesti 7 anni, 1 mese e 10 giorni), il questore Andrea Grassi è stato assolto da due capi d’imputazione ma condannato a un anno e 4 mesi per un altro (chiesti 2 anni e 8 mesi). Assolto – come avevano chiesto i pm – il dirigente regionale Alessandro Ferrara (chiesta l’assoluzione).

L’ascesa di Montante – Arriva dunque la prima sentenza su un caso che ha sconvolto il mondo dell’impresa e dell’antimafia, della politica e dell’alta burocrazia, da Palermo a Roma. Il presidente della Commissione Antimafia siciliana, Claudio Fava,  a proposito di Montante ha parlato di un “governo parallelo che per anni ha occupato militarmente le istituzioni regionali” anche in nome dell’antimafia. La stampa l’ha definito un “sistema”. Di fatto Montante è stato condannato perché riusciva a condizionare politici, investigatori e alti dirigenti regionali. E a mettere insieme, grazie alle informazioni acquisite attraverso contatti con pezzi grossi delle forze dell’ordine, decine di dossier su potenziali nemici e personaggi influenti. Un’ascesa veloce quella dell’imprenditore, passato dalla realizzazione di ammortizzatori e pezzi meccanici alla fabbricazione di bici di lusso, e diventato icona dell’imprenditoria pulita.

La storia dell’inchiesta – Il sistema di potere illegale costruito dall’industriale è stato svelato dalla procura di Caltanissetta. Montante è stato arrestato nel maggio del 2018 con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. I magistrati indagavano su presunti legami mafiosi dell’industriale nisseno ed è così che hanno scoperto la rete di spionaggio che lo teneva informato in tempo reale degli sviluppi della inchiesta. Lo scenario aperto dal lavoro dei pm ha fatto emergere connivenze istituzionali e politiche. Oltre a quello di Montante sono venuti fuori i nomi di ufficiali delle forze dell’ordine e di politici come l’ex presidente del Senato Renato Schifani. Dopo la conclusione dell’inchiesta, l’industriale ha scelto il processo in abbreviato. Gli altri indagati sono sotto processo davanti al tribunale: tra loro anche il leader di Forza Italia.

Il sistema: raccomandazoni, favori e pressioni – Alla corte dell’imputato, ora ai domiciliari per motivi di salute, secondo i pm erano in tanti: vertici delle forze di polizia e dei Servizi, prefetti, imprenditori, giornalisti, magistrati che a lui si rivolgevano per avanzamenti di carriera. Ognuno aveva una richiesta per un familiare, un amico. O per se stesso. L’inchiesta ha raccontato come l’imprenditore di Serradifalco – paesino in provincia di Caltanissetta – fosse il destinatario di decine di richieste di raccomandazione: gli investigatori ne hanno trovate almeno una novantina, arrivate tra il 2007 e il 2015, e altre 40 di soggetti che erano stati “certamente” segnalati. L’elenco con nomi e cognomi venne recuperato nel corso delle indagini: un file excel all’interno delle cartelle ‘curric per sen’ e ‘tuttì; un altro file denominato ‘curriculum vitae 11.06.12’ trovato nel server ormai dismesso della società M.s.a. Poi le carte sequestrate sia nell’abitazione di Montante sia negli uffici di Confindustria Sicilia a Palermo.

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