Niente ferie, né riconoscimento di malattie. E soprattutto un orario di lavoro extralarge inversamente proporzionale allo stipendio che veniva sistematicamente decurtato. Così 17 lavoratori pakistani venivano sfruttati dai sei datori, anch’essi originati del Pakistan, che pagavano ogni ora lavorata 5 euro invece dei 9 previsti. Questo perché dopo l’accredito dello stipendio dovevano restituire in contanti somme dai 200 ai 600 euro. L’ennesimo caso di caporalato è stato scoperto dalla Guardia di finanza di Urbino e dai Carabinieri del nucleo ispettorato del lavoro di Pesaro e riguarda una società cooperativa pesarese – operante nel settore del facchinaggio e dell’assemblaggio. Quattro datori sono finiti agli arresti domiciliari e per altri due il gip ha disposto l’obbligo di dimora: devono rispondere di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
L’indagine, coordinata dalla Procura di Urbino, è scattata dopo un esposto presentato da un’associazione sindacale a fine 2018. Gli indagati facevano lavorare le vittime in imprese italiane operanti nel settore della componentistica per impianti di irrigazione a Sant’Angelo in Vado, Lunano e Senigallia. Poi con la minaccia del licenziamento erano costrette a restituire parte della retribuzione mensile. La compilazione e la consegna delle buste paga e l’accredito dello stipendio erano formalmente regolari e in linea con le previsioni del contratto collettivo nazionale di categoria, ma poi i lavoratori dovevano retrocedere parte dei soldi. Gli investigatoti hanno anche accertato la sistematica violazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. Gli sfruttati, molti richiedenti protezione internazionale, avevano la necessità di lavorare per inviare denaro ai familiari in Pakistan oltre che per provare ad ottenere un permesso di soggiorno con un regolare contratto lavorativo. Il gip ha anche disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di 157.000 euro per il successivo risarcimento del danno alle persone offese e l’affidamento della società cooperativa ad un amministratore giudiziario per garantire la continuità aziendale e la tutela dei lavoratori.