Nella lettera inviata al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri, il capo del Viminale ha spiegato che nonostante "i buoni risultati" ottenuti dal suo dicastero, "serve un vero e proprio salto di qualità nella politica estera italiana". Ma dai dati, il vicepremier ha espulso meno illegali di Minniti. Pentastellati: "La tua è dichiarazione di fallimento"
Matteo Salvini scrive al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e al ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, per chiedere un “salto di qualità” nella politica estera italiana in fatto di rimpatri. Nella lettera che il ministro dell’Interno ha inviato a Palazzo Chigi, si legge che “buoni risultati” sono stati ottenuti, “per quanto di competenza del ministero dell’Interno”, ma “serve un vero e proprio salto di qualità nella politica estera italiana nella sua collegialità, investendo profili di natura economica-commerciale e di politica estera tout court, ambiti che travalicano le competenze del mio dicastero”.
Una richiesta di aiuto, quella di Salvini, che aveva già trovato una sponda nelle parole di Luigi Di Maio appena un’ora prima, a margine della partenza della Targa Florio a Palermo, quando l’altro vicepremier ha detto che “Il problema sicurezza va affrontato su vari fronti, sicuramente con l’intervento di operatori sociali perché molto spesso le mafie hanno ormai dei minorenni assoldati che dobbiamo salvare nei quartieri a rischio. E va affrontato aiutando le forze dell’ordine ad avere più rinforzi e più strumenti e garantendo i rimpatri degli irregolari”. Ma il M5s non accoglie bene le parole del vicepremier del Carroccio e, attraverso fonti interne, risponde che “i rimpatri sono di sua competenza, la lettera è una dichiarazione di fallimento. Non aveva detto che avrebbe rimpatriato 600mila migranti in un mese?”. I numeri, in effetti, raccontano una realtà diversa: nel 2019, l’Italia ha portato a termine una media di 19,3 espulsioni al giorno, meno delle 20,2 dell’era Minniti.
A settembre aveva annunciato accordi “entro l’autunno”
Sul tema dei rimpatri Salvini ha basato una buona parte della propria campagna elettorale (promettendo, ad esempio, 600mila rimpatri di clandestini) e anche dopo aver preso possesso del suo ufficio al Viminale, il ministro ha ribadito che presto sarebbero stati stipulati accordi “con tutti i Paesi di provenienza”. A settembre, ai microfoni de L’indigato speciale, su Rtl 102.5, il leader della Lega spiegava: “Io non do tempi a caso, ma posso dire che entro l’autunno faremo accordi di espulsione e di rimpatrio volontario assistito con tutti i Paesi di provenienza di ragazze e ragazzi: Senegal, Pakistan, Bangladesh, Eritrea, Mali, Gambia, Costa d’Avorio, Sudan, Niger“.
Passati 8 mesi, però, i numeri sulle espulsioni e sugli accordi stipulati sono addirittura inferiori a quelli fatti registrare dai precedenti governi nello stesso arco di tempo. In tema di rimpatri, i dati diffusi recentemente dal Viminale parlano di 7383 effettuati nel 2017, 7981 nel 2018 e 2143 fino al 23 aprile del 2019. Una media, quest’anno, di 19,3 rimpatri al giorno, contro i 20,2 di Marco Minniti. Questo vuol dire che, se il trend rimanesse invariato, a fine anno il governo giallo-verde farebbe registrare il dato più basso degli ultimi tre anni. Non a caso, sia nelle settimane scorse che oggi (giovedì 10 maggio), il Movimento 5 Stelle gli ha ricordato le promesse fatte in campagna elettorale: “Salvini scrive a Conte per chiedergli un salto di qualità sui rimpatri? Ma per favore, sono di sua competenza, non faccia lo gnorri. Il fatto che abbia scritto a Conte e Moavero è come una dichiarazione di fallimento. Si prenda anche lui le sue responsabilità. Non aveva detto che avrebbe rimpatriato 600mila migranti in un mese?”.
Situazione simile a quella sugli accordi bilaterali stipulati con i Paesi di origine. Nonostante gli annunci del ministro dell’Interno, ad oggi gli accordi con i Paesi di origine stipulati dall’esecutivo si fermano a uno, quello con il Ghana, Paese che, tra l’altro, è rappresentato da appena lo 0,47% dei migranti presenti sul territorio italiano e non tra le prime nazionalità di sbarco negli ultimi anni.