Il testo allarga l'incompatibilità alle authority e fa riferimento anche alle partecipazioni superiori al 2% in aziende titolari di diritti esclusivi, monopoli, radio e tv, editoria, internet o imprese di interesse nazionale. Limiti di due mandati per i parlamentari, e stop per due anni dallo stipendio per i magistrati non eletti. "Non voglio fare una legge contro qualcuno. Di solito si pensa a una sola persona e invece sono tanti, sono quelli che gli hanno fatto opposizione per anni. E lui sicuramente è quello che ha più paura di tutti”, ha detto Di Maio con chiaro riferimento a Silvio Berlusconi
Tre bozze di legge che mettono nuovi paletti per gli incarichi governativi, parlamentari, nelle autorità di controllo e che limitano la possibilità di svolgere attività di lobbying nei primi anni dopo la fine del mandato. La nuova proposta sul conflitto d’interesse che il Movimento 5 Stelle porterà all’esame del Parlamento sarà un ddl anti-milionari. Infatti i soggetti con un patrimonio mobiliare o immobiliare superiore ai 10 milioni di euro, anche per interposta persona ma fatta eccezione per i titoli di Stato, non potranno ricoprire alcun incarico di governo statale o locale e nelle autorità di vigilanza. La bozza in questione fa anche riferimento alle partecipazioni superiori al 2% in imprese titolari di diritti esclusivi, monopoli, radio e tv, editoria, internet o imprese di interesse nazionale.
Ma le proposte restringono anche i criteri di candidabilità da parlamentare nazionale ed europeo: ogni cittadino candidato “si trova in una condizione di conflitto di interessi – si legge – qualora sia proprietario, possessore o abbia la disponibilità di partecipazioni superiori al 5% del capitale sociale, ovvero anche inferiore a tale percentuale in caso di società con un volume di affari superiore a 10 milioni di euro annui o comunque superiore al 3% del volume di affari complessivo nel mercato di riferimento in ambito nazionale”.
La terza proposta, invece, interverrà sull’attività di lobbying, puntando il dito soprattutto sul sistema cosiddetto delle porte girevoli: parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali non potranno svolgere attività di rappresentanza di interessi per un certo periodo dopo la fine del mandato. “Tre proposte per regolare definitivamente il conflitto di interessi e fare quello che il Pd e la politica non sono mai riusciti a fare in 30 anni di governi”, hanno dichiarato fonti del M5s. Il vicepremier Di Maio ha annunciato che la proposta sarà presentata già nelle prossime ore: “Domattina presentiamo la legge sul conflitto di interessi – ha detto – Non voglio fare una legge contro qualcuno. Di solito si pensa a una sola persona e invece sono tanti, sono quelli che gli hanno fatto opposizione per anni. E lui sicuramente è quello che ha più paura di tutti”, ha detto con chiaro riferimento a Silvio Berlusconi.
Nessun incarico governativo on in authority per chi ha patrimoni sopra i 10 milioni
La norma, che dovrebbe essere inserita nella proposta sul conflitto d’interesse dei 5 Stelle, prevede nello specifico che le autorità di governo, statali, regionali e locali, e le autorità di garanzia, vigilanza e regolazione siano incompatibili con “la proprietà, il possesso o la disponibilità, anche all’estero” da parte di soggetti, anche coniuge o parenti di secondo grado o “persone stabilmente conviventi, salvo a scopo di lavoro domestico” o attraverso fiduciarie, “di un patrimonio mobiliare o immobiliare di valore superiore ai 10 milioni di euro”, ad eccezione dei contratti relativi a titoli di stato.
Incluse nel calcolo dei patrimoni saranno anche “la proprietà, il possesso o la disponibilità” di partecipazioni “superiori al 2%” in un’impresa che svolga la propria attività “in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato, dalle Regioni o dagli enti locali” o di imprese titolari di “diritti esclusivi” o “in regime di monopolio” o di aziende che operino nei settori “della radiotelevisione e dell’editoria” o della “diffusione tramite internet” nonché di altre imprese di “interesse nazionale”.
Incandidabilità dei parlamentari nazionali ed europei
Proprietari o chiunque sia nella disponibilità di partecipazioni superiori al 5 per cento del capitale sociale non potranno invece candidarsi per una poltrona nel Parlamento nazionale o a Bruxelles, si legge in una delle tre proposte pentastellate. La percentuale può scendere ulteriormente se il volume di affari della società supera i 10 milioni di euro o è “comunque superiore al 3 per cento del volume di affari complessivo nel mercato di riferimento in ambito nazionale”. Stesso limite imposto per coloro che vogliono ricoprire incarichi governativi o all’interno delle autorità di controllo.
La proposta entra nello specifico delle restrizioni spiegando che queste comprendono anche soggetti legati a una “società o impresa che: ha rapporti contrattuali o negoziali di qualsiasi natura con una pubblica amministrazione; svolge la propria attività in regime di autorizzazione, accreditamento o concessione, licenza d’uso o comunque in base a titoli della stessa o analoga natura, rilasciati o conferiti da un’amministrazione pubblica statale, da istituzioni o enti pubblici nazionali ovvero da una Regione o da una Provincia autonoma, nonché da qualsiasi organo o ente della pubblica amministrazione; svolge la propria attività in forza di un contratto disciplinato dal codice dei contratti pubblici; è titolare di diritti esclusivi o opera in regime di oligopolio o monopolio; opera in settori strategici per l’interesse nazionale, quali la comunicazione, l’informazione, l’energia, le infrastrutture, i trasporti, gli altri servizi pubblici o la difesa”.
Il conflitto di interessi si concretizza anche nel caso in cui la “proprietà, il possesso o la disponibilità di partecipazioni siano relative a una società o impresa che: ha sede all’estero o appartiene a un gruppo multinazionale; è controllata o gestita per interposta persona o attraverso società fiduciarie, nonché enti di gestione finanziari, operativi e non operativi; l’interposizione di persona sussiste quando il soggetto controllante o gestore è il coniuge, il convivente di fatto, un parente fino al quarto grado o un affine fino al secondo grado; è costituita con capitale privato o misto; è stata istituita, acquisita o costituita mediante fusione per accorpamento con atto normativo statale o regionale; è costituita in forma cooperativa o consortile, compresa l’associazione temporanea di imprese come disciplinata dal codice dei contratti pubblici”.
Limite dei due mandati e niente stipendio per due anni per magistrati non eletti
L’art. 3 della proposta di legge si concentra anche sul limite dei due mandati per i parlamentari, cavallo di battaglia dei pentastellati fin dalle origini del Movimento. Nello specifico si legge che “non sono eleggibili coloro che hanno esercitato per due mandati, anche non consecutivi, la carica di membro del Parlamento”.
E il testo prevede anche delle conseguenze per i magistrati che decidono di scendere in politica. Nella bozza è scritto infatti che i magistrati che non dovessero essere eletti dovranno rinunciare a due anni di stipendio: “I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, esclusi quelli in servizio presso le giurisdizioni superiori, anche in caso di scioglimento anticipato della Camera dei Deputati e di elezioni suppletive – scrivono – non sono eleggibili se hanno svolto le loro funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti alla data di accettazione della candidatura. Non sono in ogni caso eleggibili se, all’atto dell’accettazione della candidatura, non si trovino in aspettativa non retribuita” e inoltre “i soggetti di cui al comma 1 che sono stati candidati e non sono stati eletti non possono esercitare le loro funzioni per un periodo di ventiquattro mesi, né percepire alcuna retribuzione ad esse relativa”. Infine, “i soggetti di cui al comma 1 che sono stati candidati e sono stati eletti non possono esercitare, dopo la cessazione dal mandato elettivo, le loro funzioni né percepire alcuna retribuzione ad esse relativa, per un periodo di cinque anni”.
Lobby, stop alle porte girevoli
Dopo essere stata affossata nella scorsa legislatura, il Movimento in questi giorni è tornato a lavorare sulla proposta che dovrebbe intervenire anche sull’attività di lobbying. La Lega non ne ha mai fatto una delle sue priorità, me nelle scorse settimane il vicepremier Luigi Di Maio l’ha inserita tra le cinque leggi da far approvare entro il 2019, insieme alla legge per togliere la sanità dai partiti, quella sull’acqua pubblica, il salario minimo e il taglio dei parlamentari. “E’ il momento di andare avanti“, ha scritto sul Blog delle Stelle il ministro del Lavoro.
Un articolo è dedicato al fenomeno delle cosiddette “porte girevoli” (revolving doors). I 5 stellepropongono di introdurre per i parlamentari, i membri del governo, i consiglieri regionali “un periodo di attesa” dopo la cessazione del mandato prima che possano svolgere attività di rappresentanza di interessi.