All’età di 78 anni è morto Gianni De Michelis, più volte ministro e vice segretario del Partito Socialista nell’era di Bettino Craxi. Era ricoverato da qualche giorno all’ospedale di Venezia, per il peggioramento delle condizioni generali di salute.”Un avanzo di balera”, lo definì poi Enzo Biagi. Battuta che lo stesso Gianni De Michelis, anni dopo, prenderà a prestito perché cattura i tratti distintivi della sua vita pubblica, scandita dagli incarichi ministeriali e dalla firma sul trattato di Maastricht, ma ricordata soprattutto per la foga da gran festaiolo della Prima Repubblica che gli valse molte donne e non poche scomuniche.

Lui – cresciuto in una famiglia metodista e all’epoca vicepresidente del Consiglio – che ancheggia sulla pista delle balere di Rimini (che censirà anche in un libro con tanto di stellette) coi riccioli a cascata sulle spalle. E’ un’immagine-simbolo dell’Italia anni Ottanta che trovava rifugio in una socialità esibita per rito scaramantico, mentre già si preparava il precipizio di Mani Pulite. Semiprologo al ventennio berlusconiano per feste d’altro genere. “All’epoca non c’era la lapdance”, si limiterà a dire con esibito rammaricato, per segnare una linea di confine che in realtà avrebbe valicato senza falsi pudori, tenendo a quel suo marchio istrionico-libertario che lo aveva proiettato oltre il grigiore della nomenclatura socialista.

Fu ministro dal 1980 al 1992, ricoprendo vari incarichi nei governi di Cossiga, Forlani, Spadolini, Fanfani, Craxi, De Mita e Andreotti: la sua firma per l’Italia è sul trattato di Maastricht nel 1992.. È stato poi segretario del Nuovo Psi dal 2001 al 2007. L’ultimo incarico elettivo è stato al Parlamento europeo, nella legislatura chiusa nel 2009. Nello stesso anno diventa consulente di Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione nel governo Berlusconi.

“Se Craxi era Garibaldi, io ero il suo Cavour” disse, parlando del suo rapporto con il leader del Psi, cui diede un sostegno essenziale nella conquistata della segreteria. Rapporto mai rinnegato, anche negli anni delle monetine e della fuga ad Hammamet,  e che gli vale oggi la riconoscenza del figlio Bobo Craxi, al motto: “coraggioso, leale e coerente”. Per un decennio De Michelis è rimasto ai margini, nell’angolo dei socialisti che l’Italia non perdona. Ha scritto vari saggi, l’ultimo è del 2013 per Marsiglio. “La lezione della storia. Sul futuro dell’Italia e le prospettive dell’Europa” racconta i grandi cambiamenti della storia, dalla Guerra Fredda alla guerra al terrorismo. 

“Onestamente, io devo ringraziare Bin Laden. Senza l’11 settembre sarei rimasto una non persona, quella costruita da Mani pulite e scomparsa da ogni radar“, dirà quando l’attacco alle Torri Gemelle fece sentire “il bisogno di competenza, a desiderare di sentir ragionare” e segnò così il suo ritorno in tv. In occasione del quale ribadì, con l’ennesima battuta, l’inestricabile condensato di uomo di Palazzo e di balera che seguiva la persona da oltre 50 anni: “Ho fatto il ministro dodici anni. Ho ricevuto un migliaio di lettere anonime. L’ottanta per cento erano sui miei capelli“.

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