Società

Siamo tutti ‘genitori elicottero’. Ma così roviniamo i nostri figli

Li chiamano “genitori elicottero”, perché sono pronti ad accorrere in soccorso dei figli, sorvolando sulle loro teste qualsiasi cosa facciano. Altri li definiscono “genitori spazzaneve”, che liberano la strada dei figli da ogni ostacolo, o “genitori curling”, che appunto strofinano il fondo davanti ai piedi dei figli perché scivolino senza sforzo lungo il cammino della vita. A raccontarli è arrivato oggi un libro di due insegnanti tedesche, Lena Greiner e Carola Padtberg, Genitori elicottero. Come stiamo rovinando la vita dei nostri figli (Urra-Feltrinelli editore). Gli episodi raccolti dal libro – anche da educatori, allenatori di calcio, pediatri – sono tantissimi e sono esilaranti, se non fossero per certi versi drammatici: “Neo-mamme che fanno installare una telecamera a infrarossi sul letto del bambino”, “padri che ricorrono al Tar perché vogliono partecipare alla gita scolastica”, “madri che accompagnano i figli all’università per aiutarli a prendere appunti durante le lezioni”.

Certo, dicono le due insegnanti, è peggio abbandonare un figlio che viziarlo o ipercontrollarlo. Ma le richieste di questi genitori ansiosi sono definite “assurde e folli”,”irrealistiche e controproducenti”, soprattutto perché impediscono che il figlio cresca indipendente e autonomo. Un comportamento del tutto contraddittorio, visto che questi genitori “da una parte crescono il figlio nell’ovatta, dall’altra ne riempiono le giornate di impegni, quasi fossero top manager”. Lezioni di flauto o pianoforte, corsi di inglese e cinese, arrampicata in parete e danza classica: tutto è pianificato, persino nei fine settimana.

Questo atteggiamento estremo, eppure diffusissimo, comincia molto presto, dalla gravidanza. Via alle più avanzate tecnologie per controllare il feto o prevedere malattie future del bambino, via al congelamento delle cellule staminali del cordone ombelicale (una scelta del tutto discutibile, secondo la maggioranza degli esperti), via all’agopuntura, allo yoga in gravidanza, alla consulenza alimentare e alla musica per il feto. Si prosegue quando il bimbo nasce, con genitori terrorizzati di tirare lo sciacquone se il neonato dorme e sensori per controllare il bambino nell’altra stanza; persino “calzini smart ossimetri che trasmettono a un’app sul cellulare la saturazione di ossigeno nel sangue”. E poi, ovviamente, c’è la scelta della scuola dell’infanzia: “Bilingue? Asilo nel bosco? Steineriana? Istituto musicale?”. Tanta teoria e poca libertà, visto che questi bambini giocano liberamente molto poco perché i loro genitori sono terrorizzati da graffi e cadute.

Le insegnanti del libro hanno notato che la mattina la vera difficoltà a staccarsi non è più quella dei bambini, ma quella dei genitori. Genitori che quasi sempre sono oggi veri e propri “talebani dell’alimentazione”: non solo ansiosi rispetto alla varietà e qualità del cibo, ma talvolta persino rispetto a intolleranze che i figli non hanno. “In nessun caso”, scrivono le autrici, “il bambino deve entrare in contatto con farina bianca, latte vaccino e zucchero raffinato”. Ci sono padri e madri che non riescono a staccarsi dall’aula, che portano gli zaini dei figli, che non li lasciano percorrere 100 metri da soli anche se vanno già alla scuola elementare.

Il panico raggiunge il massimo in vista della gita scolastica, l’incubo peggiore per le madri e i padri elicottero. Alcuni vorrebbero partecipare, altri ricordano agli insegnanti di controllare che il proprio ragazzino vada in bagno, magari a 11 anni, altri controllano a distanza i figli con Google Earth. Per gli insegnanti si tratta di rapporti faticosi perché questi genitori hanno spesso esigenze assurde, chiedono di spostare un compito in classe se il figlio è assente, chiamano qualsiasi critica al proprio figlio “mobbing”, non accettano che il ragazzo o ragazza vada male e quindi gli fanno i compiti, scusano il calo di rendimento con le ragioni più fantasiose (“Il suo pony malato”), si rivolgono persino ai tribunali per avere ragione su pagelle a loro avviso errate o per esclusioni da sezioni o scuole di grido.

Ma quanti sono questi genitori elicottero? Secondo le autrici circa il 20%, ma richiedono energie da sembrare l’80. E comunque, casi estremi a parte, tutti i genitori di oggi hanno, chi più chi meno, atteggiamenti “elicottereschi” (chi scrive ne ha tantissimi, ad esempio). Chi non ha preparato una festa di compleanno investendo soldi e tempo, con tanto di pianificazione, torta a tema e gruppo whatsapp “compleanno di mio figlio”? Chi non è in ansia estrema quando il proprio figlio parte per le vacanze all’estero? Chi non ha portato il proprio figlio al pronto soccorso anche quando non era necessario? Chi non ha passato ore a cercare quali facoltà danno un migliore sbocco lavorativo?

Il problema, però, è questo modo di fare, ormai diffusissimo – anche a causa della scarsità di figli in circolazione (quasi sempre i genitori elicottero sono genitori di un figlio solo), così come dal timore che il proprio figlio cada in basso nella scala sociale – finisce per danneggiare profondamente i bambini. Che restano completamente dipendenti dai propri genitori e quando si trovano a fronteggiare una minima difficoltà vanno in mille pezzi. Si ritirano in casa e non escono più. Si rifugiano in dipendenze. Crollano psicologicamente e praticamente. Il tema, dunque, è serio. Perché quella possibilità di giocare libero in un giardino, di cadere e farsi male – anche molto male – quella libertà di andare a scuola da soli, quell’obbligo di affrontare situazioni spiacevoli, difficili, complesse, angoscianti senza aiuti favoriscono la formazione di bambini meno ansiosi e soprattutto più capaci. E dunque anche più felici.

I nuovi bambini in gabbia, invece, rischiano di avere tutto eppure non avere nulla. E questo è un vero paradosso, in un mondo dove comunque la maggioranza di bambini non ha alimenti né un’educazione adeguata, dove si muore per mancanza di proteine o di acqua pulita. Nascosti sotto la bolla per 18 anni, o anche 24, questi figli della nostra cultura si trovano poi ad affrontare un mondo che è il contrario di quello che i loro genitori hanno fatto loro vivere: disoccupazione e lavoro precario per loro, ma anche un mondo devastato dal punto di vista ambientale e climatico, e dove le ingiustizie locali e globali sono drammaticamente crescenti. Una realtà complessa che richiede spalle e cuori forti e soprattutto un’immensa capacità di sopportazione, resistenza e resilienza. Tutte qualità che i figli dei genitori elicottero non hanno. E questa in fondo, a suo modo, è una vera tragedia.

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