Le tariffe di Brebemi sono doppie rispetto agli altri concessionari autostradali. Sarebbe opportuno ridurle per aumentare il traffico ed evitare così che questa autostrada resti una grande opera inutile e diventi invece finalmente un’opera veramente pubblica. Il grave stato di crisi finanziario della A35 si protrae dal 2012, ovvero da prima dell’apertura al traffico di questa infrastruttura nel 2014. Da allora tutti i bilanci sono stati chiusi in perdita e i costi d’esercizio e finanziari sono stati nettamente superiori ai ricavi: complessivamente in sette anni le perdite ammontano a 240,7 milioni di euro. Nell’assemblea degli azionisti della scorsa settimana, anche il 2018 ha registrato un rosso di 38,1 milioni.

Dati negativi che permangono, nonostante la modesta crescita di traffico del 20% derivante dall’interconnessione con l’A4, opera costata altri 60 milioni di euro, che ha sommato debito a debito. Soldi che si aggiungono al mutuo di 1,4 miliardi, che bisogna ancora iniziare a pagare (a un ritmo di 90 milioni di euro l’anno). L’interconnessione ha portato inoltre a 990 ettari il totale del suolo agricolo consumato per far spazio all’infrastruttura. L’indebitamento finanziario continua inoltre ad aumentare: si è passati infatti da 1,6 miliardi nel 2016 a 1,7 nel 2017 (oltre a un derivato da 330 milioni).

A pesare, secondo la società Brebemi, sono gli oneri finanziari arrivati a 88,7 milioni sul debito per un’opera costata complessivamente 2,4 miliardi. Colpevole di questa situazione sarebbe anche il costo del denaro per effetto di un mutuo contratto con le banche a un tasso molto elevato (del 7%) e che ora si vorrebbe rinegoziare. Ci si lamenta degli alti costi del denaro, ma il costo del denaro del finanziamento è stato tanto più alto quanto più bassa era la garanzia di restituire il prestito: da qui si poteva già capire che si trattasse di un’opera a rischio. Tutto questo mentre la leggera crescita del traffico a 20.100 veicoli al giorno è ancora troppo distante dai 60mila previsti.

A cinque anni dall’apertura, nonostante gli aiuti pubblici (320 milioni), nonostante il prolungamento della concessione di cinque anni (da 20 a 25) e il collegamento con l’A4 a Brescia, la situazione resta fallimentare. “La società sta in piedi solo perché l’azionista principale è Banca Intesa che è anche il principale creditore. Dunque il creditore principale del mutuo, non pagato, è anche l’azionista che controlla Brebemi e che ora decide di rinegoziare il tasso d’interesse rinunciando a sicuri profitti. Come farà Intesa a spiegare ai suoi azionisti (risparmiatori) di essere al tempo stesso debitrice e creditrice di se stessa e di essersi messa in un business impossibile?” A questo punto sarebbe più logico che lo Stato finisse di pagare l’A35 e la desse in gestione, attraverso una gara, a chi è in grado di offrire il servizio migliore “a cittadini e imprese e non alle banche”.

Quando una concessionaria a cinque anni dalla sua apertura al traffico è costretta a “promuovere, per finalità di sviluppo commerciale” un concorso a premi secondo cui chi partecipa può vincere un anno di carburante gratis significa che siamo alla frutta. E pensare che la Brebemi inaugurata da Matteo Renzi, Roberto Maroni e Maurizio Lupi fu definita strategica e indispensabile. Vista l’esperienza di Brebemi chissà quanto sono indispensabili le opere che lo “Sblocca cantieri” vorrebbe far decollare.

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