Caterve di partite inutili, gare spostate per far posto alle feste, 7-8 squadre ancora in lotta per un obiettivo e tutte le altre già in vacanza, che scendono in campo solo per salvare le apparenze e qualche volta nemmeno per quello. Finalmente, però, in settimana vedremo una partita seria: peccato che sia la finale di Coppa Italia tra Lazio e Atalanta, ultima àncora di salvezza contro la noia della Serie A.
Questo finale, molto triste e un po’ farsesco, è il degno epilogo del campionato più scontato dell’ultimo decennio: del resto non poteva concludersi diversamente, con lo scudetto assegnato virtualmente da febbraio e matematicamente da metà aprile, il secondo posto mai in discussione, due squadre retrocesse da inizio stagione. Restava in palio la qualificazione in Champions (ora i posti sono diventati due, ma solo per demerito dell’Inter) e l’ultima salvezza. Risultato: appena 8 squadre in corsa a fronte di altre 12 senza praticamente più nulla da chiedere e da dare al campo. Decisamente troppo poche per aspettarsi un finale appassionante, e forse nemmeno del tutto regolare.
Quello che succede, infatti, è sotto gli occhi di tutti. La Juventus ne è l’esempio migliore: la squadra schiacciasassi che non lasciava nemmeno le briciole agli avversari, da quando ha conquistato il titolo non ha vinto più una partita. Ha “regalato” tre punti alla Spal quando era in piena corsa per la salvezza schierando riserve e primavere. Ha giocato con un minimo di intensità contro Inter e Torino (giusto per orgoglio, sono pur sempre “derby”) e molto meno a Roma. “Ai ragazzi non rimprovero nulla, ormai queste partite non contano più”, dice candidamente Massimiliano Allegri nel post-gara. Addirittura siamo arrivati al punto che i bianconeri hanno chiesto (e qualcuno gliel’ha pure concesso: vedi Lega calcio) di spostare alle 20.30 la prossima partita contro l’Atalanta, inizialmente prevista alla 15, per poter meglio celebrare la festa scudetto allo stadio nel corso del pomeriggio. Immaginate con quale concentrazione scenderanno in campo la sera per il match che può assegnare la qualificazione in Champions. Ma il problema non riguarda certo solo la Juve, lo stesso discorso potrebbe applicarsi alla stragrande maggioranza delle squadre disimpegnate.
La colpa non è nemmeno loro, ognuno pensa più o meno legittimamente ai propri affari, ma di un campionato che mai come quest’anno ha mancato di competitività, a tutti i livelli. E quindi di interesse. Per avere qualche emozione abbiamo dovuto rifugiarci in coppa. E non soltanto l’incredibile Champions League, nel suo piccolo ci ha salvati anche la Coppa Italia. Un tempo era la Cenerentola delle competizioni italiane, snobbata da tutte le big, relegate nei giorni infrasettimanali d’inverno, abbandonata a rincalzi e ragazzini della primavera. Ora è diventata l’ultima riserva di emozioni del nostro calcio. La sfida di mercoledì sera tra Lazio e Atalanta sarà il match più bello degli ultimi tre mesi. E non vale solo per la finale.
Quest’anno la coppa ci ha regalato diverse grandi partite: il pirotecnico 7-1 di Fiorentina-Roma, la figuraccia della Juventus a Bergamo, l’incredibile qualificazione della Lazio ai rigori contro l’Inter. L’anno scorso c’era stata la favola del Pordenone (fuori agli ottavi a San Siro), tre anni fa il miracolo dell’Alessandria, arrivata dalla Serie C alle semifinali. Il torneo è rinato, potrebbe forse anche migliorare con una formula più spregiudicata, che abbattesse ulteriormente gli squilibri fra grandi e piccole, ad esempio come succede in Inghilterra o in Francia. Ma anche così la Coppa Italia oggi come oggi è la faccia migliore del pallone italiano. Gol, spettacolo, colpi di scena, emozioni: semplicemente calcio. Quello che la Serie A quest’anno non è riuscita a offrire.
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