Musica

Fabrizio De André, ecco i cantanti che l’hanno omaggiato in “Faber Nostrum”: promossi e bocciati

Analisi di Faber Nostrum, l'album tributo al cantautore genovese firmato da una parte dell'indie nostrano

di Alberto Marzocchi

I bocciati - 2/4

– Spiace partire con una stroncatura, ma l’unico merito che ha la Smisurata preghiera di Vasco Brondi è che dura 4’2″ e, per fortuna, non i sette minuti e passa dell’originale. L’ex enfant prodige del cantautorato italiano violenta, musicalmente parlando, una delle canzoni-simbolo di Faber. Vasco Brondi, qui come altrove, non comunica niente. Ma ti dice, in ogni sillaba che pronuncia, “lo senti quanto sono sexy?“. Agli antipodi, quindi, con l’umanità dolente, quasi sempre sconfitta, di chi “viaggia in direzione ostinata e contraria”.

Motta sceglie di suicidarsi con una delle canzoni più intime e struggenti di De André: Verranno a chiederti del nostro amore. Un brano che muove i passi dal concept album Storia di un impiegato, dalle bombe “giocattolo dell’Universo” di Gregory Corso, passando attraverso il maggio francese e la disillusione di un bombarolo improvvisato che, fallendo, scopre come la tanto agognata sconfitta del potere costituito coincida, in realtà, con la sostituzione di un altro tipo di potere. E, da qui, la caduta dei propri ideali-legami (anche affettivi). La leggenda vuole che De André abbia svegliato Enrica Rignon, la prima moglie, nel pieno della notte per suonarle questa canzone. E che lei pianse, a dirotto, davanti al distacco tra sé e il marito che quel brano metteva in musica. Motta, di tutto ciò, non riesce a esprimere nulla. Scelta, ripeto, suicida.

– La semplicità degli arrangiamenti che attraversa Non al denaro non all’amore né al cielo (a eccezion fatta per Un ottico, forse) e che trova la sua espressione più intima ne Il suonatore Jones, si perde totalmente coi Canova, che scelgono di fare di colui che chiede al mercante di liquore “tu che lo vendi, cosa ti compri di migliore?” un influencer dei giorni nostri. “Libertà l’ho vista dormire nei campi coltivati”. No, sembra di no.

– Uno dei pezzi d’amore meglio riusciti della storia della musica italiana, La canzone dell’amore perduto, si trasforma con Colapesce nella solita canzone di Colapesce. Il cantautore siciliano dà l’impressione che potrebbe cantare qualsiasi cosa, qualsiasi, e renderla un brusio di sottofondo. Peccato.

– Thomas O. Fadimiluyi in arte Fadi farà strada, senza dubbio. Ma non la farà con l’interpretazione di Rimini. Lui è bravissimo, per carità. Ma non si capisce la scelta di farne una versione urlata, a tratti un po’ gospel e un po’ barocca. Teresa ha commesso l’errore di abortire l’America e “il figlio del bagnino”? Bene, se vogliamo mettere l’accento sull’aspetto più straziante di un brano che comunque parla di piccola borghesia, Chiesa e capitalismo, facciamolo con una voce femminile (decisamente più credibile).

I bocciati - 2/4
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