Si può fare. Si può iniziare un’opera di risanamento delle periferie senza scontri, senza picchetti e ronde fasciste, senza la guerra dei poveri contro i più poveri. In accordo pieno tra comitati di lotta per la casa e istituzioni. E’ il piccolo grande miracolo di Scampia, Napoli, periferia delle periferie. Qui è entrata nel vivo la prima importante tappa del risanamento: l’abbattimento della Vela verde, una delle tre rimaste ancora in piedi.

Le Vele nacquero per intuizione dei governi all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso. L’Italia cresceva e gli italiani volevano una casa moderna. Si misero in campo politiche nuove per l’edilizia economica e popolare. Nel Piano di zona per Secondigliano si ipotizzò di concentrare su un’area di 400 ettari almeno 78mila abitanti. Scampia cominciò ad acquistare le caratteristiche di quel ghetto metropolitano che poi sarebbe diventata. Le sette Vele dovevano essere il modello di una nuova socialità abitativa, addirittura ricreare la cultura del vicolo. Ogni palazzo doveva comunicare con l’altro grazie ad una sorta di ponte: 1192 alloggi per 6500 persone.

Tutto bello nelle idee del progettista Franz di Salvo che si rifaceva alle Unités d’abitation di Le Corbusier, e a modelli già sperimentati in Francia, Costa Azzurra. Ma le idee del povero Di Salvo furono presto tradite, dalla politica, dalle imprese di costruzione e dalle emergenze. Lo spazio tra palazzi fu radicalmente ridotto da 12 a 8 metri, la conseguenza fu che nelle case non entrava più un raggio di sole e l’umidità divorava pareti e salute delle persone. Le emergenze, terremoto del 1980 e bradisismo di Pozzuoli, fecero il resto. Dalla città si riversarono a Scampia migliaia di senzatetto che occuparono le Vele. Intorno un deserto di cemento, spazi pubblici destinati a verde mai completati, scuole e servizi ipotizzati nei progetti iniziali pura chimera. Nacque così Scampia, presto diventata regno di camorra, teatro delle guerre tra clan e piazza di spaccio più grande d’Italia.

Ma il popolo delle Vele ha saputo resistere. Quello che lo Stato non ha fatto lo hanno realizzato le tante associazioni e centri di aggregazioni di volontari. Il Comitato di Lotta per la casa non ha mai abbandonato l’idea di abbattere le Vele, risanare quella parte del quartiere e dare una casa dignitosa a tutti. Operazione che ha avuto una accelerazione con le giunte guidate dal sindaco Luigi de Magistris. Mesi di discussioni aspre con le famiglie e il Comitato, di confronti sulle graduatorie per le assegnazioni delle case. Un’opera sfiancante per convincere gli abusivi che per chiedere il diritto alla casa dovevano prima saldare le bollette (acqua, luce, gas) mai pagate. Famiglie senza reddito, con lavori precari e malpagati, mogli con i mariti in galera per spaccio e camorra. Eppure tutti hanno onorato, anche indebitandosi, i loro debiti. Un miracolo napoletano e una lezione di vita a chi vive di luoghi comuni su Napoli.

Passeranno 180 giorni per vedere sparire la Vela Verde, poi toccherà risanare la Vela Celeste che resterà come simbolo del passato e sarà trasformata in uffici e centri sociali per la comunità. Certo, restano tanti altri problemi, la sistemazione di altre 300 persone, in primo luogo. Ma questa – ha ammesso con onestà il sindaco – è solo la prima parte del lavoro per affermare anche a Scampia la normalità.

E forse, a ben vedere, è questa la lezione che ci arriva da Napoli: le periferie del Sud e delle metropoli italiane hanno bisogno come l’aria di normalità per non essere più un’emergenza continua e una bomba sociale pronta ad esplodere.

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