“La corruzione è un problema in questo Paese oggi, come 25 anni fa. E probabilmente per molti anni venire ancora“. Sono le parole di Piercamillo Davigo, presidente di Sezione della Corte di Cassazione e consigliere del Csm, durante Dimartedì (La7).
Alla domanda del vicedirettore del Corriere della Sera, Antonio Polito, che gli chiede se i corsi e ricorsi storici sulla corruzione in politica siano una sconfitta della magistratura, il togato risponde con una barzelletta: “Durante il fascismo venne inventata la guerra alle mosche e alle zanzare. Si usava il Ddt. Un prefetto andò in visita a un piccolo Comune e a riceverlo c’era il podestà. Quando però scese dalla macchina, il prefetto venne aggredito da un nugolo di mosche. E allora in tono di rimprovero disse al podestà: ‘Ma in questo Comune non avete fatto la guerra alle mosche?’. Il podestà gli rispose: ‘Sì, eccellenza, ma hanno vinto le mosche'”.
Davigo continua: “Per lunghi anni hanno vinto i corrotti. Venivano fatte continuamente leggi al fine di impedirci di processare per determinati reati. Oggi non è come prima? Le cose non cambiano da un giorno all’altro. Ad esempio, aumentare i massimi delle pene serve a poco. Se si vuole far paura, bisogna aumentare i minimi delle pene, perché nei processi su quelli si attestano in genere i giudici. Quindi, è inutile scrivere: ‘fino a 30 anni di reclusione'”.
E aggiunge: “In Italia abbiamo la legislazione meno severa contro la corruzione rispetto ad altri Paesi. Se uno apre il codice penale, scopre delle cose molto curiose. Per esempio, per la soppressione del coniuge sono previsti 30 anni di reclusione. Se le faccio il conto di come possa andare in concreto, i 30 anni diventano con le attenuanti 4 anni e 4 mesi. Ma per fortuna i giudici hanno un po’ più di cervello di chi fa queste leggi”.