Il comma 2 dell’articolo 1 del nuovo provvedimento ridefinisce, rispetto a quanto stabilito nel 1970, i criteri per valutare l’entità dell’assegno. Recependo la sentenza 18287/2018 delle Sezioni Unite della Cassazione che ha attualizzato i criteri per stabilire la somma dell’assegno, di fatto si perde il principio di mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio. Il giudice dovrà valutare: la durata della convivenza matrimoniale, l’età e lo stato di salute di chi richiede il mantenimento, il contributo che entrambi i coniugi hanno dato “alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune”, il patrimonio e il reddito netto di entrambi, la “ridotta capacità reddituale dovuta a ragioni oggettive”, la cura dei figli minorenni, disabili o economicamente non indipendenti. Rispetto a 49 anni fa, viene maggiormente specificato il concetto di “condizioni dei coniugi”, un’espressione che finora era stata sempre interpretata di caso in caso, e che viene oggi sostituita con “le condizioni personali ed economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio”. Anche la ridotta capacità di reddito dovuta a ragioni oggettive e la mancanza di un’adeguata formazione professionale come conseguenza dell’adempimento di doveri coniugali sono criteri che dovranno essere valutati dal giudice.

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