Si comincia con l'installazione delle linee produttive della nuova Fiat 500 elettrica a Mirafiori, per poi estendere ad altri modelli la tecnologia a batteria. Sono d'obbligo investimenti sulla casa del Tridente, così come il rilancio dell'occupazione negli stabilimenti italiani. Elkann: "Questa carica di innovazione è una sfida per tutti noi"
Sono ufficialmente iniziati i lavori per l’installazione delle linee produttive della nuova Fiat 500 elettrica presso lo stabilimento di Mirafiori, a Torino: secondo quanto comunicato dall’azienda, la vettura debutterà nei primi mesi del prossimo anno, con la passerella pubblica attesa per il Salone di Ginevra di marzo 2020. Lo ha confermato John Elkann, presidente di FCA, intervenuto alla festa per i cent’anni dell’assemblea degli industriali metalmeccanici torinesi: “Sono convinto che questa carica di innovazione sia una sfida per tutti noi, per Fca e per il distretto della meccanica. Se la affrontiamo in modo pragmatico e coraggioso allo stesso tempo, può diventare una delle più grandi opportunità per crescere, evolvere e proiettare le nostre aziende nel futuro”.
Inoltre, Elkann ha ricordato l’impegno della multinazionale italoamericana per risollevare le sorti di Maserati, marchio con vendite in calo vertiginoso: nel primo trimestre 2019 consegne a -41%, ricavi al -38% e un utile passato da 86 a 11 milioni di euro. “Stiamo lavorando per una piattaforma centrata sui sistemi di guida assistita in autostrada, la cui prima applicazione sarà sulle vetture del marchio Maserati”, ha puntualizzato Elkann, facendo riferimento alla partnership con Bmw per lo sviluppo del pilota automatico: “I prossimi 20 anni saranno determinanti per ridisegnare il settore auto, è una grande opportunità per Fca e per le aziende della filiera. Credo che il sistema dell’auto a Torino abbia tutte le carte per giocare un ruolo attivo e positivo per il futuro del settore dell’auto e delle nostre comunità, a condizione che abbracci senza paure o riserve le sfide dell’innovazione con la prospettiva e il coraggio di chi guarda lontano. Siamo fermamente convinti che una rivoluzione tecnologica abbia senso se va a beneficio non solo dello sviluppo industriale ma anche della società nel suo insieme”.
Nel piano di elettrificazione di FCA rientrano pure i modelli di maggior successo di Jeep, il marchio gioiello del gruppo: “Jeep Renegade e Compass con alimentazione plug-in ibrida andranno in produzione nel primo trimestre del 2020 e nei due anni successivi ci saranno 10 nuovi lanci per l’area Emea”, ha promesso pochi giorni fa l’amministratore delegato di FCA, Mike Manley, aprendo anche alla prospettiva di possibili alleanze industriali: “Credo che nei prossimi 2 o 3 anni ci saranno significative opportunità di partnership e alleanze nell’auto a livello globale e Fca avrà un ruolo costruttivo, attivo e proattivo nel proprio settore”.
Tuttavia, al di là dei proclami, la situazione commerciale del colosso italoamericano non brilla, tanto da mettere in apprensione i sindacati: “Gli effetti della mancanza di nuove vetture hanno ripercussioni immediate sulla produzione negli stabilimenti italiani: a Mirafiori, Grugliasco, Pomigliano, dove stanno per finire gli ammortizzatori sociali, e Melfi dove metà del personale è in cassa integrazione o contratto di solidarietà”. Queste le parole di Michele De Palma, segretario della Fiom, riportate da Lettera43.it. “A Cassino sta per tornare la cassa, sui siti di Pratola e Cento, dove si fanno motori diesel, non c’è chiarezza sul futuro. Di conseguenza, con l’azienda che non produce più di 700 mila pezzi all’anno, se continua questa tendenza la metà degli addetti potrebbe essere superflua. Intanto sta entrando in una crisi quasi irreversibile il mondo della componentistica, dove molte aziende non hanno rinnovato i contratti degli addetti assunti a tempo indeterminato”, conclude De Palma.
E fra le perplessità di De Palma – condivise, peraltro, col professor Prodi – circa il futuro di FCA, figura anche l’affaire Magneti Marelli, ceduta da Fiat Chrysler ai giapponesi di Calsonic Kansei per 5,8 miliardi (di cui 2 miliardi sono già stati spartiti agli azionisti sotto forma di dividendo straordinario). “Un’industria che vuole rilanciarsi con l’auto elettrica non vende una realtà che può darle a costo zero la tecnologia necessaria per colmare questo gap. In passato qualsiasi governo avrebbe convocato i vertici di FCA e, se non impedito la vendita, messo in piedi un piano industriale con forti incentivi per non fare perdere all’Italia un asset così importante”. Segnali che, per molti, sono il preludio della volontà degli Elkann di cedere le attività di FCA ad aziende terze.