L’ex picciotto della Guadagna di Palermo, che dopo avere deciso di collaborare con la giustizia ha ritrattato per due volte, ha ripercorso la sua storia giudiziara deponendo al processo per il depistaggio sulle indagini della strage di via D’Amelio. Imputato i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo
“Io sono colpevole di essere innocente“. Vincenzo Scarantino lo ripete più volte. Il falso pentito ha deposto oggi al processo per il depistaggio sulle indagini della strage di via D’Amelio. L’ex picciotto della Guadagna di Palermo, che dopo avere deciso di collaborare con la giustizia ha ritrattato per due volte, sta ripercorrendo la sua storia da pentito prima e poi da ex collaboratore. Nell’ottobre del 1992 ero in carcere a Venezia, dove i topi mi ballavano addosso, quando arrivò un altro detenuto, Vincenzo Pipino. Che mi aiutava a scrivere le lettere pe mia moglie, che firmavo con la mia impronta della mano. Qualche giorno dopo un detenuto mi disse che “Pipino era uno spione del dottor La Barbera“, dice parlando dell’ex capo della Squadra mobile Arnaldo La Barbera che era a capo del gruppo Falcone e Borsellino in cui lavoravano i tre poliziotti imputati al processo, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Dopo un po’ Pipino- ha continuato Scarantino – avendo capito che non c’entravo niente con la strage, mi disse che ero ‘colpevole di essere innocente e mi diceva di ripeterlo anche gli inquirenti”.
Scarantino ha anche raccontato che “La Barbera, l’ex capo della Squadra Mobile di Palermo, mi diceva sempre che ‘ero come Buscetta‘. Mi chiamava ‘Buscetta junior‘. Mi davano lezioni di grammatica facendomi guardare i video di Buscetta, ma io non volevo un capello di Buscetta. Io rubavo e vendevo sigarette di contrabbando”. Ma perché Scarantino decise di auto accusarsi di una strage che non aveva fatto? “Nel 1994 ho chiesto di collaborare con i magistrati perché non ne potevo più, mi hanno umiliato per mesi, mi facevano spogliare nudo e mi davano dei colpi nelle parti intime. Poi mi dicevano di guardare a terra e mi davano schiaffi in bocca. Mi davano calci con gli anfibi, perché erano in mimetica. Sembrava di stare nel carcere di ‘Fuga di mezzanottè. Mi hanno fatto tante zozzerie di ogni tipo. E io ero stanco”, ricorda Scarantino. “Mi hanno fatto mangiare i vermi per la pesca, che ci hanno pisciato dentro la minestra, scusate la volgarità. Ci mettevano anche le mosche nella pasta. In pochi mesi sono passato da 103 kg di peso a 53 kg appena, dicevano tutti che avevo l’Aids”.
“Io non capivo ma, oggi posso dire che lo facevano per fare terrorismo psicologico – continua Scarantino in aula -Sono stato sei mesi con la stessa tuta, non me la facevano cambiare. Tante umiliazioni, tantissime. Ho subito tante cose schifose che mi hanno fatto. Dovevo stare tutto il giorno in piedi perché appena mi mettevo a letto, c’era la perquisizione, e la notte facevano casino e non mi facevano dormire”. A quel punto Scarantino chiese di fare un colloquio con i magistrati. “Io chiedevo i magistrati – dice – ma venivano sempre quelli del gruppo Falcone e Borsellino, il dottor La Barbera e il dottor Bo”. Quest’ultimo, Mario Bo, è uno dei tre poliziotti imputati nel processo per calunnia aggravato. “Tutto questo non doveva succedere ed è inammissibile che sia successo. Il fatto che ancora nel 2019 stiamo ancora parlando di Scarantino e che i pm sono qui, con la loro bella faccia, è semplicemente inammissibile”, ha commentato Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso nella strage. “Io non sento di dire niente ai tre imputati, forse sono loro che dovrebbero sentire l’esgenza di dire qualcosa e di fare delle dichiarazioni, anche spontanee…”.