A Roma il presidente del Consiglio ha ricevuto l'uomo forte della Cirenaica: "L'Italia vuole il cessate il fuoco e confidiamo nella via politica come soluzione" della crisi, ha detto Conte. Poco più di una settimana fa, il faccia a faccia con il premier del governo di accordo nazionale Al Sarraj
Incontro tra il premier Giuseppe Conte ed il generale libico Khalifa Haftar a Roma per parlare della situazione in Libia, dopo l’avvio dell’offensiva contro Tripoli lanciata dall’uomo forte della Cirenaica il 4 aprile scorso. Il faccia a faccia si è tenuto a Palazzo Chigi. “Con Haftar abbiamo parlato a lungo. Ho espresso la preoccupazione dell’Italia per la situazione”, “noi vogliamo il cessate il fuoco e confidiamo nella via politica come soluzione” della crisi, ha spiegato Conte. Il 7 maggio scorso era stato proprio il presidente del Consiglio ad anticipare la possibilità di vedere Haftar, dopo aver ricevuto il premier del governo di accordo nazionale Fayez Al Sarraj.
Allora la chiacchierata tra i due omologhi si era conclusa rinnovando l’impegno dell’Italia nel sostegno al governo di Tripoli, nonostante Roma, negli ultimi tempi, abbia cercato di riavviare e intensificare i contatti con le milizie di Misurata, ago della bilancia dello scontro bipolare tra Tripoli e Tobruk, e soprattutto con gli uomini di Haftar, nel tentativo di convincerlo, insieme agli attori internazionali e regionali che lo sostengono, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Russia ed Egitto su tutti, a fermare la campagna su Tripoli e sedersi al tavolo delle trattative.
Intanto l’appello al cessate il fuoco non ha per ora frenato le ambizioni di conquista del generale Haftar. Nella mattinata di domenica scorso, le milizie fedeli all’uomo forte della Cirenaica hanno sferrato un nuovo attacco: tre civili sono stati uccisi in un raid aereo sulla città costiera di Zawiya, 50 chilometri a ovest di Tripoli. L’autoproclamato capo dell’Esercito nazionale libico (Lna) ha anche disposto un ampio dispiegamento di truppe a Sirte, a 450 chilometri a est di Tripoli, città simbolo della guerra contro la wilayah (provincia) dello Stato Islamico nel Paese.