Il processo milanese coinvolge 16 imputati: al centro le operazioni su derivati Santorini e Alexandria, sul prestito ibrido Fresh e sulla cartolarizzazione Chianti Classico, che secondo l’accusa sarebbero servite a mascherare nei bilanci le perdite realizzate da Rocca Salimbeni dopo l’acquisto di Antonveneta
I pm di Milano hanno chiesto la condanna a 8 anni e 4 milioni di multa per gli ex vertici di Mps Giuseppe Mussari e Antonio Vigni e a 6 anni e 1,5 milioni di multa per l’ex direttore finanziario della banca Gianluca Baldassarri nel processo a 16 imputati con al centro le operazioni su derivati Santorini e Alexandria, sul prestito ibrido Fresh e sulla cartolarizzazione Chianti Classico. Operazioni che, secondo l’accusa, sarebbero servite a mascherare nei bilanci le perdite realizzate da Rocca Salimbeni dopo l’acquisto nel 2008 di Antonveneta da Santander costato circa 10 miliardi di euro.
Richiesta anche la condanna delle banche che avevano strutturato i derivati, Nomura e Deutsche Bank AG, a cui la procura meneghina vuole confiscare rispettivamente 444,8 e 440,9 milioni oltre a chiedere la condanna a 1,8 milioni di multa per ciascuna delle due banche. Su 13 persone imputate – gli altri tre sono appunto banche – è stata chiesta l’assoluzione solo per due ex funzionari di Deutsche, Ivor Scott Dumbar e Matteo Vaghi, mentre per tutti gli altri, a parte gli ex vertici Mps, la procura ha chiesto condanne fino a sei anni di reclusione. La banca senese è uscita dal processo con un patteggiamento nel 2016.
Il pm Stefano Civardi, durante la requisitoria dell’11 aprile, aveva affermato che “la cifra comune delle quattro operazioni oggetto di questo processo è la frode, la falsa rappresentazione economica e patrimoniale di Mps per ingannare il mercato in presenza di una difficoltà della banca nel rimanere entro i parametri di sicurezza patrimoniale, che era evidente”. Per strutturare il Fresh “Mps si mette in mano a Jp Morgan” che “viene incontro alle esigenze del cliente”, aveva dichiarato il pm, sottolineando però che sia Jp Morgan sia Bank of New York (la mandataria che a propria volta piazza i bond sul mercato) “non sopportano nessun rischio” nonostante l’operazione sia stata rappresentata come un rafforzamento del capitale collegato all’acquisizione di Antonveneta. “Il meccanismo del canone di usufrutto servirebbe a remunerare il rischio, come nel caso di un socio”, ha continuato, citando una deposizione, ma “nei fatti il rischio resta sempre in capo a Mps”.
Il pm Mauro Clerici aveva aggiunto che è indubbio che “le omissioni informative” dei vertici Mps “abbiano impedito” a Banca d’Italia di conoscere effettivamente cosa stesse succedendo con Chianti Classico. Tutti gli imputati hanno sempre respinto ogni addebito, sostenendo che nulla fu occultato delle operazioni e nessun trucco contabile venne utilizzato perché i principi contabili su come registrare e operazione erano conformi a quanto prescritto da Bankitalia e Consob.