L’altra faccia dei Centri di formazione professionali di Afol Metropolitana Milano. Considerati un esempio virtuoso dai numeri record (nel 2017 ha garantito l’avvio di nuovi contratti al 24% dei propri utenti, contro una media nazionale del 3%) e in prima linea sul fronte del reddito di cittadinanza, oggi devono fare i conti con una bufera dietro l’altra. Ai lavoratori è stata inviata una comunicazione per rassicurarli sulla “stabilità dell’azienda” dopo il coinvolgimento del direttore generale Giuseppe Zingale nell’inchiesta della Dda di Milano su infiltrazioni della ‘ndrangheta, appalti pilotati e presunte mazzette.
Lo stesso ente Afol città metropolitana è finito sotto i riflettori, con i pm che indagano su “contratti di consulenza per un totale di 38mila euro” ottenuti, attraverso l’ex coordinatore di Forza Italia a Varese Gioacchino Caianiello, ritenuto il ‘burattinaio’ dell’intero sistema, da “una società riconducibile a Lara Comi (eurodeputata e coordinatrice provinciale di Forza Italia a Varese, ndr)” proprio da parte “dell’ente di Afol città metropolitana”. Non c’è solo questo terremoto, politico, mediatico e giudiziario, a scuotere l’azienda speciale consortile partecipata dalla Città metropolitana e da 67 Comuni, ma anche lo stato di agitazione dei docenti precari. E sono circa cento tra le varie sedi di Milano che propongono percorsi formativi triennali in diversi ambiti professionali: moda, acconciatura, estetica, meccanica, pasticceria, cucina ed altro ancora.
I PERCORSI FORMATIVI IN DDIF – Si tratta di percorsi in Ddif (Diritto-dovere all’istruzione e alla formazione) frequentati in massima parte da centinaia di ragazzi provenienti da contesti problematici. Il modello, introdotto nel 2005, prevede che tutti i giovani, anche se hanno assolto all’obbligo di istruzione (10 anni), proseguano il loro percorso formativo per altri due anni o, in alternativa, fino al conseguimento di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro i 18 anni.
LO STATO DI AGITAZIONE – Durante l’assemblea sindacale del 7 maggio scorso la maggioranza dei lavoratori ha votato per la bocciatura del pre-accordo “che prevedeva l’assunzione in staff leasing, il contratto a tempo indeterminato dei somministrati” spiegano i lavoratori, e con cui si proponeva ai docenti un monte ore settimanale di sole 12 ore (circa 500 euro di stipendio) e una promessa di stabilizzazione per il 10% dei lavoratori (non più di una decina di persone) “da selezionare secondo criteri non meglio precisati”. La reazione è stata quella di dichiarare lo ‘stato di agitazione’ per chiedere il riconoscimento del loro ruolo di docenti e migliori condizioni contrattuali. Per domani, 17 maggio, è fissato un incontro fra il prefetto Renato Saccone e la Rsu.
TRA FUSIONI E RISPARMI – Dal 2016 ad oggi, Afol ha messo in atto una serie di fusioni tra le agenzie territoriali e, raccontano i lavoratori, “ha operato grandi risparmi di bilancio riducendo la qualità e la tutela del lavoro dei suoi collaboratori”. In termini assoluti si è passati da 576 a 524 collaboratori. Tra questi, secondo gli ultimi dati, 107 ‘somministrati’ via agenzia interinale (più che raddoppiati rispetto ai 43 del 2016). Tre anni fa i somministrati erano il 7,5% dei lavoratori in servizio, mentre oggi sono il 20,4%. “I bilanci e le relazioni annuali approvati dall’assemblea consortile – denunciano i docenti – indicano che quella della somministrazione – è la principale strategia aziendale”. Lo stesso direttore generale Giuseppe Zingale “vantava un risparmio di circa un milione di euro l’anno grazie al ricorso al lavoro somministrato”, mentre nel bilancio di previsione 2018 si prevede il blocco del turnover e la sostituzione dei dipendenti che vanno in pensione solo attraverso lavoro somministrato. Attualmente i docenti che lavorano presso questi centri sono assunti in regime di somministrazione dall’Agenzia per il Lavoro Oasi ad Afol. I più ‘anziani’ prestano servizio per l’ente da circa 20 anni, i più giovani da un anno. “Ma tutti sempre in modo precario, senza certezze e senza tutele, assunti con una serie di contratti a termine che rinnovo dopo rinnovo hanno eluso, sia pur legalmente, ogni legge volta all’eliminazione del precariato” spiegano.
LE CONDIZIONI CONTRATTUALI – “Il nostro precariato ha origini lontane” spiegano i lavoratori. Molti hanno iniziato a operare nei diversi Cfp come docenti con contratto a progetto (co.co.co e co.co.pro.), altri aprendo partita Iva. Quando le leggi non hanno più consentito il ricorso a queste soluzioni, è stata la volta dei contratti a tempo determinato “rigorosamente al di sotto dei 36 mesi consecutivi, per evitare l’assunzione a tempo indeterminato” denuncia la Rsu. Negli anni “la volontà dell’ente di non stabilizzare i docenti precari ‘a rischio di assunzione’, anche se indispensabili per l’esistenza stessa dei centri”, si è anche concretizzata in due successive conciliazioni, controfirmate dalle rappresentanze sindacali, con le quali i lavoratori “hanno rinunciato ai vantaggi della storia contrattuale pregressa in cambio di un nuovo contratto a tempo determinato”. Nel 2017, però, Afol Metropolitana non poteva più proporre contratti a termine diretti. “L’unica soluzione ritenuta percorribile – raccontano i lavoratori – non è stata la stabilizzazione dei docenti precari, com’era naturale aspettarsi, bensì il ricorso al lavoro somministrato”. Negli ultimi due anni, quindi, i docenti hanno firmato un contratto da settembre a maggio “con una notevole riduzione di orario rispetto agli anni precedenti e con il solo riconoscimento economico delle ore di lezione in aula, a fronte della necessità di essere presenti e partecipi a tutte le attività complementari all’insegnamento”. In estate sono rimasti disoccupati, con il sostegno della Naspi.
I DOCENTI NON CI STANNO – Oggi, messa alle strette dai limiti imposti dal Decreto Dignità, Afol non decide di stabilizzare definitivamente i suoi docenti precari, ma propone l’assunzione in staff leasing. “L’ennesimo rapporto di lavoro precario e a termine mascherato da assunzione a tempo indeterminato – commentano i lavoratori – dove il termine ‘indeterminato’ è soltanto uno specchietto per le allodole con cui blandire i lavoratori”. “Dal prossimo anno – aggiungono – Afol ci vuole prendere in ‘leasing’, una semplificazione a cui questa volta abbiamo detto no. Abbiamo detto no al disconoscimento del nostro valore professionale, abbiamo detto no alla continuazione della mortificante esperienza del lavoro in somministrazione, abbiamo detto no all’ennesimo contratto legale che però aggira la legge”.