L’hanno già chiamato popolo dei balconi, e sembrerebbe un nuovo reggimento che si muove – opponendosi – alla maggioranza attuale e all’anima più estrema di cui è espressione: la Lega. Invece a me sembra che stia emergendo una opposizione individuale, occasionale, autonoma che non sente il bisogno di vedersi riconoscere un profilo pubblico, e neanche contarsi nelle urne, ma ha l’urgenza di esprimere quel che sente, nel modo in cui può.
Le lenzuola, i cartoni, le singole e personalissime manifestazioni di opposizione forse non subiranno il fascino del voto perché la realtà è andata oltre e ha modificato anche la genetica elettorale. Esiste dunque un modo per astenersi senza nascondersi, togliersi dal gioco restando in campo, chiedere il diritto di parola rifiutando di salire sul palco.
Si dice sempre che chi si astiene rinuncia a far valere le proprie ragioni, è costretto a vivere il destino segnato dagli altri. Invece, e per la prima volta, le lenzuola appese danno modo anche a coloro che hanno intenzione di astenersi, di esserci, di farsi vedere, di mostrare il proprio pensiero e farlo pesare.
La dimensione sociale e civile dell’opposizione nasce e oggi si profila attraverso singole manifestazioni, solitarie e silenziose, educate ma diversamente da ieri, assolutamente visibili, percettibili. Le lenzuola sembrano bastare a mettere in crisi un format, quello salviniano, fatto di sciabole e urrà, e mettere sull’avviso i suoi alleati, i Cinquestelle, che se vogliono salvarsi l’anima (e la poltrona) devono segnare la distanza da quei comportamenti e fuggire a gambe levate dal vocabolario così truce della nuova religione sovranista.
Assistiamo dunque alla miracolosa potenza delle lenzuola, alle forme minime e individuali di opposizione che contagiano e fanno progredire non un partito alternativo ma un pensiero alternativo, un modo di intendere la vita, di restare, nonostante tutto, umani, liberi e anche forti.