Il ricorso presentato dai legali del presidente della Regione Calabria Mario Oliverio (Pd) contro il provvedimento di obbligo di dimora emesso a suo carico nell’ambito dell’inchiesta “Lande desolate” “è fondato sia con riferimento alle censure che attengono alla gravità indiziaria, sia con riguardo a quelle che investono la valutazione delle esigenze cautelari”. È quanto scrivono i giudici della Corte di Cassazione nelle motivazioni della loro decisione con la quale, il 20 marzo scorso, hanno annullato senza rinvio il provvedimento emesso dal gip di Catanzaro il 18 dicembre 2018 per l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio in relazione a presunte irregolarità in alcuni appalti. Oliverio, in particolare, è indagato – ha già ricevuto l’avviso di conclusione indagini – per avere proposto l’approvazione di una delibera con cui la Giunta regionale approvava lo stanziamento di 4,2 milioni di euro per lavori complementari per la sciovia di Lorica (Cosenza) nonostante lo stallo dei lavori e la crisi finanziaria della società aggiudicatrice che impediva al privato di versare la propria quota di finanziamento.
“Elementi indiziari – scrivono i giudici della Cassazione – desunti dalle intercettazioni di conversazioni” di altri indagati, “alle quali non prende mai parte il ricorrente“. Intercettazioni che secondo la Cassazione “vengono lette ed interpretate senza considerare la intonazione canzonatoria e irriverente assunta dagli interlocutori sintomatica del compiacimento per essere riusciti a persuadere il presidente della regione della bontà dei loro progetti e della serietà della operazione imprenditoriale”. “La chiave di lettura delle conversazioni – è scritto ancora nelle motivazioni – muove dal chiaro pregiudizio accusatorio che anche il ricorrente avesse condiviso le modalità fraudolente con cui dovevano essere finanziate le opere appaltate”. Per i giudici di Cassazione “ulteriore errore di valutazione è quello che emerge dall’enfatizzazione del ruolo di ‘unico proponente’ della delibera di competenza della Giunta regionale, trattandosi di un dato solo formale, non adeguatamente approfondito sotto il profilo della rilevanza del concreto ruolo svolto dal ricorrente nella verifica della correttezza dell’iter amministrativo seguito”.
Quanto alla presunte sollecitazione indirizzata all’impresa Barbieri per rallentare la chiusura dei lavori dell’appalto per il rifacimento di piazza Bilotti di Cosenza, per la Cassazione “non risulta essere stata apprezzata in modo univoco nell’impugnata ordinanza, essendosi evidenziato da un lato la sua irrilevanza rispetto all’ipotesi di abuso di ufficio, e dall’altro, se ne è segnalata la possibilità di qualificarla in termini di corrispettivo dell’appoggio politico offerto dal ricorrente per il finanziamento delle opere complementari”. “L’acritica unilateralità della lettura di tale vicenda – scrivono i giudici – pone fondati dubbi sull’effettiva valenza indiziaria del compendio probatorio posto a fondamento dell’ordinanza cautelare e renderebbe pertanto doverosa una ulteriore e più approfondita valutazione, che è tuttavia preclusa dall’insussistenza delle esigenze cautelari”.