Arriva ai playoff da neopromossa e con la scorza dura, abbastanza per dare filo da torcere a Cremona. Del resto, Trieste ha già superato diverse prove durante la stagione. Il salto di categoria, la scelta errata di un americano (Devondrick Walker) e anche l’arresto del presidente. Poteva essere la fine, invece la storica piazza del basket italiano si è cementata e ha ritrovato i playoff dopo 16 anni. Grazie a coach Eugenio Dalmasson, bravo a motivare i suoi mentre fuori tirava la bufera: 7 vittorie in 8 partite, 5 successi consecutivi e nell’equilibrio del campionato è spuntata l’Alma. Sotto il profilo tecnico, importante l’innesto di Zoran Dragic: è stato lui il valore aggiunto in una squadra che ha distribuito responsabilità e acuti tra Chris Wright, Hrovje Peric, Justin Knox e Jamarr Sanders. Senza dimenticare Daniele Cavaliero e William Mosley. Così ha chiuso da miglior attacco del campionato e terzo team per assist.

L’UOMO IN PIÙ
Zoran Dragic, 29 anni, pedigree di alto profilo europeo. Due anni fa giocava nell’Olimpia Milano, poi si è fatto male ed è rimasto a spasso. Una breve puntata in Turchia, abbastanza per vincere una coppa, e poi a Trieste ha cercato un campo per testarsi e ripartire davvero. Arrivato alla fine del girone d’andata – prima partita proprio contro i suoi ex compagni di squadra – il fratello del Nba Goran segna 12.6 punti di media trascorrendo meno di 25′ in campo. Con la sua capacità di lettura del gioco, lo sloveno ha dato un altro volto a Trieste: la sua leadership, come il pubblico dell’Alma, saranno l’ago della bilancia dell’avventura nei quarti.

LA STORIA
Sta per festeggiare dieci anni consecutivi sulla panchina di Trieste: quasi un unicum nel mondo dello sport italiano quello di Eugenio Dalmasson. Ha portato la società dalla B/2 alla Serie A passando attraverso momenti di crisi, l’ultimo pochi mesi fa quando il presidente è stato pizzicato con 300mila euro in contanti in uno zaino pronto a partire per l’estero. Tutti dicevano che i giocatori avrebbero mollato, lui si è chiuso nello spogliatoio con i suoi e ha chiesto di dimostrare professionalità. È questo l’ultimo miracolo del coach che giocava a calcio, faceva il docente di educazione fisica e si è ritrovato allenatore per aver preso un patentino così da poter insegnare davvero qualcosa ai suoi alunni. “Inizio ogni stagione con la valigia sul letto”, dice di sé. Ma da quando è a Trieste non l’ha mai chiusa.

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