I vagonetti che da più di un secolo trasportano il carbone dal porto di Savona alla Italiana Coke di Cairo Montenotte animano l’ultima funivia d’Europa. Durante la guerra erano il “luogo del coraggio”: i ragazzi più poveri (e più coraggiosi) ci saltavano sopra, si facevano trasportare per alcuni chilometri e scaricavano carbone per le famiglie. Dozzine di ex-voto, nelle parrocchie, raccontano incidenti sventati solo dall’intervento divino. Oggi questo incredibile impianto è il simbolo involontario del destino di un intero territorio, appeso a un filo, che rischia di diventare il Sud del Nord.
“Lo stop imposto da Danilo Toninelli ai finanziamenti erogati a Funivie Spa – racconta il Secolo XIX – mette a rischio il completamento della copertura dei parchi di carbone di Bragno (un progetto da 29 milioni di euro), rendendo incerto il futuro stesso di Funivie, dato che dal 2021 verrà sospesa anche le concessione”. I sindacati temono che il blocco dei finanziamenti possa falciare altri 600 posti lavoro in un territorio che ne ha già persi 8mila nell’industria e 6mila nel commercio e chiedono alla Regione di intervenire presso il MiSe e il Mit per trovare soluzioni, anche ricorrendo agli incentivi pubblici previsti dallo status della provincia, definita tre anni fa “area di crisi industriale complessa”.
Crisi complessa è il titolo di un documentario che prova a raccontare la mutazione della provincia di Savona attraverso le storie di chi la vive sulla propria pelle. Acna, Montecatini, Fornicoke, Brown Boveri, Ferrania, Italsider sono i nomi di un percorso a tappe che ha scandito l’impoverimento di un’intera provincia, in settori chiave della produzione energetica, della siderurgia, della chimica, dell’elettromeccanica, dell’agroalimentare.
Mancata innovazione tecnologica, incapacità di riconversione in settori strategici, difficoltà nel rapporto tra produzione, ambiente e territorio – dall’Acna di Cengio alla TirrenoPower – hanno prodotto un cimitero di fabbriche che si estende dal Finalese alla Val Bormida. A tutto ciò si è aggiunto il crollo del Ponte Morandi che ha aggravato il degrado progressivo delle infrastrutture di comunicazione.
Un ceto operaio relativamente benestante, che a Murialdo o a Ferrania o a Quiliano aveva case di proprietà ereditate dai genitori e alternava il lavoro in fabbrica a quello negli orti, oggi si trova con due sole prospettive: la cassa in deroga o l’emigrazione all’estero. Con la popolazione che invecchia a ritmi giapponesi, l’industria che scompare e la gioventù che parte o vivacchia con le pensioni dei nonni, la mutazione a cui stiamo assistendo non è solo economica, ma anche antropologica e ambientale, e ha caratteristiche che ne fanno un caso unico in Italia.
Il prezzo più alto lo stanno pagando i giovani come Luca (22 anni): “Ho portato curricula in tutta la riviera – racconta – ovunque potessi arrivare col motorino o in bus ci sono andato, ma tra lidi, bar e ristoranti, l’estate scorsa nessuno mi ha proposto un lavoro, eppure in casa si deve campare. Almeno un pasto, due pasti al giorno si devono fare. Mia sorella, più grande di 15 anni e che ha vissuto prima di me questa fase, mi dice di continuare a cercare, cercare all’estero perché qui non c’è via di uscita“. Luca è uno dei 40mila giovani Neet, che in Liguria sono esclusi dal lavoro e dallo studio e la Cgil di Savona ha ricordato in piazza il 1° maggio. “Ho sempre accettato qualsiasi lavoro – dice – portavo pizze già a 14 anni, poi ho lavorato nel giardinaggio, come fattorino, come aiuto in cucina, ma a volte ti senti come uno schiavo. Mi è capitato di uscire di casa alle 7 del mattino e – non potendo tornare a casa nelle pause – di rientrare alle 4 di notte. Più che la rabbia ti prende la depressione e l’ansia. Pensieri strani, che ti mandano giù a livello fisico e mentale. Mi chiedo: ‘Cosa farò? Cosa succederà ?…’”. Gli incentivi di Stato stanziati tre anni fa (40 milioni) connessi alla definizione di “area di crisi industriale complessa” basteranno ad attrarre nuove aziende e ad offrire un futuro alla provincia e a ragazzi come Luca?
A lui è idealmente dedicato il documentario “Crisi complessa”, che vuole mostrare la resistenza, o meglio la resilienza, di una civiltà industriale che non vuole scomparire. Prodotto da Arci Savona in collaborazione con Fondazione Agostino De Mari, Cgil Savona e Unione Industriali della provincia di Savona, realizzato da Mimmo Lombezzi e Mario Molinari con la collaborazione di Giovanna Servettaz (da un’idea di M. Lombezzi) verrà proiettato in anteprima il 23 maggio alle 18 a Savona al Nuovo Filmstudio (Piazza Rebagliati 6).