Vari episodi di cronaca hanno risollevato il problema delle fake news. Sull’argomento si sono espressi su questo giornale il direttore Marco Travaglio che ha scritto: “Non esistendo però alcun tribunale autorizzato a stabilire la Verità, nessuno deve permettersi di chiudere o invocare la chiusura di tv, giornali, siti e pagine web col pretesto delle fake news. Che si combattono non con la censura, ma con l’informazione corretta e il fact checking”; e l’avvocato Guido Scorza, secondo il quale la chiusura di 23 pagine di Facebook sarebbe il “de profundis della democrazia”. Io capisco e condivido le preoccupazioni espresse da Travaglio e da Scorza, ma ritengo che rappresentino il risultato di una analisi incompleta. Le fake news (volgarmente: bufale) costituiscono un grave problema per la vita democratica della società e non si combattono efficacemente con l’arma spuntata del fact checking.

Per restituire un minimo di equilibrio a questo discorso è utile considerare l’esempio del venditore di fake news mediche, il ciarlatano, i cui stratagemmi comunicativi sono stati ampiamente studiati nell’ambito della psicologia sociale. Le promesse del ciarlatano non sono limitate dall’obbligo morale di aderire a nozioni consolidate; di conseguenza laddove un medico onesto prospetterà a un paziente gravemente malato e magari a rischio di morte i benefici e i rischi della cura, il ciarlatano prometterà risultati miracolosi e senza rischi. Non è certo un caso che la ciarlataneria prosperi nel campo dell’oncologia, nel quale le prognosi sono spesso severe e le terapie efficaci hanno effetti collaterali pesanti.

L’idea che un paziente malato di tumore possa difendersi col fact checking è ingenua: il paziente non può metter su uno studio di efficacia delle terapie mediche e ciarlatanesche e deve limitarsi a confrontare il discorso dell’esperto con quello del ciarlatano. E’ molto probabile che il paziente scelga il ciarlatano, perché, come scriveva l’Ariosto, “il miser suole / dar facile credenza a quel che vuole”. Il primo vantaggio del bufalaro sull’esperto è quindi la possibilità di offrire proposte più gradevoli.

Un altro grande vantaggio della ciarlataneria sulla scienza (non solo medica) è l’apparente plausibilità: se il ciarlatano non è completamente stupido, costruirà un discorso logico e plausibile, non complicato da dati statistici incerti, varianze, eccezioni etc. Il medico o lo scienziato, invece, presenteranno sempre descrizioni complesse e a volte controintuitive, perché complessa e a volte controintuitiva è la realtà. Vaccinarsi significa accettare di correre un (piccolo) rischio presente, in vista di un molto maggiore vantaggio futuro: statisticamente, il rischio connesso con il vaccino è molto inferiore a quello della malattia dalla quale il vaccino ci protegge. Nessun medico serio può affermare che il vaccino non abbia rari effetti collaterali e l’analisi del rapporto tra rischi e benefici è statistica, cioè difficile e complicata. Il ciarlatano (ma anche il politico bufalaro) non ha alcuna difficoltà a dire che il vaccino è pericoloso e la malattia no, senza citare alcuna statistica o negando il valore delle statistiche pubblicate.

Desiderabilità, semplicità, difficoltà del fact checking autonomo del cittadino sono i punti di forza della ciarlataneria, ai quali si aggiunge, naturalmente, una pelosa difesa della libertà di parola, cardine di ogni democrazia. Nell’ambito medico il pericolo e la forza della ciarlataneria sono stati riconosciuti da sempre, e il codice deontologico (ma anche il codice penale) prevede sanzioni contro i medici che propagandano fake news, fino alla radiazione dall’Albo Professionale con la conseguente impossibilità di esercitare la professione: questo perché il codice deontologico tutela il diritto del cittadino e del paziente di ricevere informazione solidamente testata.

Il consenso informato non può basarsi sulla falsa informazione. Ovviamente, il codice deontologico non può facilmente censurare il bufalaro non medico che svolge propaganda no-vax. Può la società in toto prevedere un dispositivo di legge contro le bufale, a tutela dei cittadini? E’ chiaro che dare una risposta inequivoca a questa domanda non è semplice: la libertà di parola è un cardine della democrazia e deve essere tutelata. Come dice Scorza, “il tribunale della Verità non esiste nella nostra democrazia ed è bene che non esista mai”. Però forse il cittadino potrebbe pretendere che almeno per quegli usi della libertà di parola che costituiscono reati certi, come la diffamazione, l’istigazione a delinquere, il procurato allarme eccetera siano previste aggravanti specifiche quando lo scopo del reato è la propaganda politica. Alla fine la propaganda politica è la ricerca di un vantaggio personale nello stesso modo in cui lo è la ciarlataneria: il ciarlatano cerca clienti come il politico bufalaro cerca elettori.

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