È morto Nanni Balestrini, 83 anni, scrittore, curatore di antologie ed esponente della Neoavanguardia. A darne notizia con un post su Facebook è la casa editrice DeriveApprodi. “E’ con tristezza e dolore – si legge – che informiamo della scomparsa di Nanni Balestrini. Una scomparsa, non solo per noi, incolmabile”. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, lo ha ricordato sulle sue pagine social: “Oggi se ne è andato Nanni Balestrini, uno degli autori e scrittori milanesi più spiazzanti del nostro tempo – ha scritto Sala -. Una voce indipendente, coraggiosa e spesso fuori dal coro che ci mancherà molto”.
Lello Voce, poeta che con Balestrini ha fondato il Gruppo 93, lo ricorda.
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Nanni Balestrini è morto ieri sera a Roma.
Io con Balestrini, con l’autore di Vogliamo tutto, ho condiviso un lungo percorso.
Con lui (e soprattutto grazie a lui) ho scritto poesie, romanzi e romanze, ho manifestato, ho organizzato festival, ho cospirato (contro la stupidità del tardo-capitalismo), ho sofferto, ho gioito, ho condiviso l’amore per il Foscolo e per Cage, ho performato, ho mangiato, ho dormito, ho atteso treni ed aerei, ho viaggiato, ho fatto televisione, ho rischiato, ho vinto e sono stato sconfitto, ho amato e sono stato odiato, ho litigato, ho immaginato, ho realizzato, ho sognato.
Dal 1989 la mia vita è stata anche una vita con Nanni.
Ci si aspetterebbe dunque che ora io scrivessi di lui. Anch’io me lo aspetterei da Lello Voce.
Ma è impossibile e non perché non abbia parole (con Nanni, su Nanni le parole non mancano mai), no, è proprio che di Nanni Balestrini, della morte di Balestrini, non è possibile scrivere. Perché ogni volta che si scrive di lui occorre parlare anche d’altro. Cioè occorre tornare a parlare di vita.
Nanni era una relazione, un connettore di destini e di arte, un cortocircuito.
Ecco, allora, che per parlare di Balestrini bisognerebbe parlare anche dei Novissimi, del Gruppo 63, e dopo di quello 93, della poesia visiva e di quella sonora, della poesia concreta, della musica contemporanea e dell’arte contemporanea, di Fluxus, delle prime trasmissioni televisive dedicate alla poesia, di Linus, dei fumetti e della Signorina Richmond, di Potere Operaio e dell’operaismo, della critica letteraria tra strutturalismo e semiologia, del romanzo sperimentale, degli hooligan, dell’editoria (quella ufficiale e quella alternativa) di Feltrinelli, del ’68 e soprattutto del ’77, degli anni di piombo e delle stragi di Stato, di Pinelli, di quell’Orda d’oro di movimenti che cambiò per un momento il volto di questa nazione, di alfabeta e di alfabeta2, dei grandi festival di poesia italiani dopo Castelporziano, milanopoesia prima, romapoesia poi, dei centri sociali, di Radio Alice, di Deleuze e di Guattari, del punk, della video-arte e di tutto ciò che ha collegato arte e tecnologia, dell’antifascismo militante, della lotta alla camorra, del diritto al conflitto sociale e del diritto al conflitto artistico e letterario, del jazz, dell’opera-poesia, del poetry slam, e potrei continuare per un bel po’…
Tutto questo, in tutto questo è stato Nanni Balestrini, perché Nanni non è mai stato un ‘io’, è sempre stato, con una naturalezza sconcertante, un ‘noi’. Ed è stato felice di esserlo e chi, come me, ha avuto il privilegio di essere anche con lui ne è stato felice.
Perché Balestrini ci ha insegnato che l’Utopia sorride. Come ha detto oggi un amico comune, Franco Berardi: Nanni è “l’allegria che non demorde”.
Non lo piangete, Balestrini ne sarebbe annoiato e infastidito (due verbi che usava spesso per esprimere il suo disagio nei confronti di qualcosa o qualcuno).
Usatelo: le istruzioni sono comprese nell’opera, qualsiasi sua opera.
Ha scritto, poco prima di tornare a farsi filamento di rizoma:
basta scappare
sui vetri rotti
arrotolati attimi
labili inghiottono
febbrili sublimazioni
la stella implode
dopo il collasso
poesia pura
ce la faremo
Certo, Nanni, puoi contarci: ce la faremo, perché vogliamo tutto.