La TerniPan di Amelia è sopravvissuta al fallimento grazie a 25 lavoratori che hanno creato una cooperativa seguendo l'idea di Emiliano Cariani: "Siamo stati licenziati e abbiamo ricevuto il sussidio Naspi. Noi lo abbiamo richiesto tutto e abbiamo messo 12mila euro a testa. Così abbiamo salvato il posto per tutti”. Oggi dall'azienda partono 150 quintali di pane fresco al giorno, ci sono 68 dipendenti fissi più altri 80 addetti ai trasporti
I dipendenti licenziati che investono la loro indennità di disoccupazione per rilevare l’azienda fallita, riuscendo a salvare i posti di lavoro e la produzione: è il caso della TerniPan di Amelia, in provincia di Terni, in Umbria. Quattro grandi forni industriali, di cui uno a legna, un’azienda storica che ha avuto tanti problemi: tre fallimenti e un rischio di chiusura definitiva. Poi la svolta: 25 dei 150 dipendenti decidono di utilizzare la loro Naspi (la Nuova assicurazione sociale per l’impiego) per salvare l’azienda creando una cooperativa. “Siamo stati licenziati e abbiamo ricevuto il sussidio che ti assiste per due anni in attesa di lavoro. Noi abbiamo preferito richiederlo tutto subito e abbiamo messo 12mila euro a testa. Così abbiamo salvato il posto di lavoro per tutti noi”, racconta Marco Piciucchi, responsabile del reparto manutenzione. Oggi la gestione è passata nelle mani dei lavoratori: tutti i giorni da questa azienda immersa nelle colline umbre partono 150 quintali di pane fresco per i supermercati di Lazio, la stessa Umbria, Toscana e Marche. Ci sono 68 dipendenti fissi più altri 80 addetti ai trasporti.
Piciucchi è uno dei lavoratori che ha creduto nella proposta di creare una cooperativa nata dall’intuizione del manager ternano Emiliano Cariani, presidente della cooperativa creata dagli stessi dipendenti, con il supporto dal punto di vista professionale e finanziario di Confcooperative che ha messo in campo le proprie risorse territoriali e nazionali. “È stata per me una sfida, ho 20 anni d’esperienza in materia di amministrazione – spiega Cariani – e ho voluto evitare che un marchio storico e manifatturiero fosse depredato o trasferito altrove lasciando tante famiglie sul lastrico. Così ho convocato tutti i dipendenti più legati alla loro azienda in un’assemblea ad Amelia ed è nata la nostra cooperativa TerniPan”.
Fino al 2011 l’azienda contava 700 dipendenti con un fatturato di 160 milioni, poi il crollo fino al fallimento. Una parabola che solo nel 2018 ha accomunato più di 11mila aziende in Italia, secondo i dati Istat. Oggi la tendenza è al ribasso rispetto agli anni precedenti, con un recupero diffuso in più settori e in quasi tutte le aree geografiche del paese. Quello che spera di vivere anche la nuova TerniPan che per il momento conta su un fatturato di 12 milioni di euro. Ma la sfida del manager Cariani è di migliorare di anno in anno con la speranza di farla crescere, e renderla una delle eccellenze dell’Italia centrale.
Antonio Rossi, uno degli storici dipendenti, racconta: “Lavoro qui da 31 anni, sono in reparto distribuzione, dopo i tre fallimenti abbiamo avuto paura, soprattutto negli ultimi dieci anni. Spero che con questa nuova cooperativa possiamo avere un futuro roseo”. Per i lavoratori come Piciucchi, tra i fondatori della cooperativa, nella pratica nulla è cambiato: “La mia posizione è rimasta la stessa, anche lo stipendio è rimasto invariato. Abbiamo mantenuto il contratto nazionale dei panificatori. A volte, per la maggiorazione dei turni notturni, mi ritrovo in busta paga circa 1400/1500 euro al mese”.
La storia della TerniPan ebbe inizio i primi del ‘900 quando Ferdinando Novelli iniziò la produzione di pane nel suo mulino. Infatti Interpan, oggi TerniPan, era un ramo della storica azienda Novelli che negli anni aumentò la produzione fino a rifornire tutta la città di Terni. La famiglia acquisì nuove sedi produttive a Roma, Latina ed Amelia, trasformando una produzione locale in una industriale, ampliando la rete di vendita in tutta Italia. Negli anni ’80 l’azienda arrivò a diversificare la propria produzione: oltre al pane, anche pizza, prodotti da forno e uova fresche. Poi gli anni difficili, i tre fallimenti e infine, il 21 febbraio scorso, la nascita della coop che ha rilevato l’azienda nell’ambito dell’ultimo procedimento fallimentare. Ora, spiega Cariani, la ricetta è “una filiera corta, controllo diretto e alta qualità. È il segreto per fare crescere questa nuova cooperativa”.