di Andrea Masala

Ma cosa vuole veramente Salvini? Al di là dei suoi arditissimi selfie quotidiani, le interviste concesse ad editori neofascisti indagati per tentato omicidio, le felpe quotidiane, le crociate contro Papa Bergoglio, il proibizionismo che arriva fino alle droghe non droganti, la difesa di tutti i leghisti indagati, gli attacchi a gente che soccorre gli affogati e i naufraghi, l’estensione della legittima difesa alla legittimazione dell’omicidio privato dentro (e forse intorno) le mura domestiche, gli insulti all’Islam che limita la libertà delle donne mentre partecipa al congresso di Verona, al di là di tutto questo, dietro tutto questo, cos’è che veramente vuole? Qual è il suo progetto politico reale?

E’ l’esatto contrario di quello che dice: si spaccia in totale discontinuità con la stagione politica precedente, mentre in realtà ne costituisce semplicemente il Secondo Tempo.

Sintetizzando e parafrasando, potremmo dire che il suo sovranismo è la continuazione del neoliberismo con altri fini.

Dal Dopoguerra alla metà degli anni 70 il mondo occidentale, impegnato nella ricostruzione economica, politica e sociale, arrivò a un compromesso generale per il quale venivano messi insieme in modo virtuoso principi liberali (diritti individuali e delle minoranze), principi democratici (partecipazione di tutti alla vita politica, principio di maggioranza con tutela e partecipazione attiva delle minoranze) e principi socialisti (equa ripartizione della ricchezza prodotta dalla cooperazione sociale). Per 30 anni l’Occidente ha conosciuto un grande sviluppo economico-sociale sostenibile equamente ripartito tra la popolazione e una relativa pace sociale, con generazioni che si avvicendavano convinte di stare in un flusso di miglioramento continuo. Dalla metà degli anni 70 questo compromesso viene messo in discussione dai teorici del neoliberismo le cui teorie informarono le politiche dapprima in Usa (Reagan) e UK (Thatcher) e poi, dopo il crollo del muro di Berlino, in tutti i Paesi europei fino a deformare l’iniziale ispirazione democratico-solidale della Ue facendo prevalere la deriva monetarista.

Queste politiche hanno di fatto demolito uno dei tre pilastri del compromesso: quello dell’equa ripartizione della ricchezza. Deregolamentazione finanziaria da una parte e smantellamento dei diritti del lavoro dall’altra, hanno portato a una enorme concentrazione di ricchezza verso una ristretta oligarchia finanziaria, al declassamento dei ceti medi e all’impoverimento dei lavoratori. Questo il Primo Tempo di un film che potrebbe intitolarsi “Il Grande Esproprio”, film di cui Salvini e tutti i sovranisti di destra (Trump, Lepen, Orban…) vogliono essere gli attori protagonisti nel Secondo Tempo.

Demolito il pilastro sociale nel Primo Tempo, ora serve demolire quello liberale e, come risultato finale, per consunzione, quello democratico.

Non parlo di golpe o di ritorno del fascismo storico, il progetto è più subdolo e più corrispondente ai tempi: lo stress cui Salvini sottopone il dibattito pubblico con continue situazioni ad alto tasso emotivo serve a creare una situazione sempre sull’orlo di una crisi di nervi, di lacerazioni continue, di logoramenti dei tessuti connettivi sociali, di delegittimazione degli edifici materiali dello stato di diritto, di reductio della complessità sociale alla semplicità primitiva plebe-leader (o ciurmaglia-capitano) in cui il leader surfa sulle onde della guerra permanente tra poveri.

Altrimenti a cosa servirebbe l’editore neofascista? Salvini venderebbe molto di più con le major dell’editoria. A cosa servirebbe circondarsi di fondamentalisti cristiani e neofascisti, gente che ha pochi voti e che porta più polemiche che consensi? A che pro trovare un nemico ogni mezz’ora: Papi, scrittori, musicisti, conduttori, insegnanti, ragazzini e ragazzine? Perché bullizzare il 25 aprile e il Primo maggio? Perché visitare uno che ha fatto inginocchiare una persona per sparargli quando ormai non poteva più nuocere? E le foto con il mitra a Pasqua dopo una strage? Tutto è finalizzato, su suggerimento di Morisi o Bannon, a creare uno stress sottostante, una percezione di guerra immanente, di pericolo costante, di mobilitazione permanente (per quanto virtuale), una società americanizzata o mediorentalizzata, con i nervi scoperti e la violenza sottopelle.

In questo logorio continuo e nevrotico, la percezione del bisogno di sicurezza cresce e con questo la tentazione di cedere pezzi di nostra libertà reale in cambio di pezzi di sicurezza percepita. E soprattutto vengono meno i tempi del ragionamento, della mediazione, della elaborazione, della costruzione di società civile, del dialogo sociale, della capacità di autogoverno dei cittadini e di controllo sulla politica. Tutto viene schiacciato nella dinamica: conflitto percepito e nevrotizzato, definizione di un campo irrazionale ed emotivo, risposta semplicistica, sempre reazionaria e antipluralista, sul limite, forzandolo e slabbrandolo sempre più, dello stato di diritto.

Restringendo le libertà individuali verrebbe a cadere il secondo pilastro di quel compromesso che dicevamo sopra; così la popolazione italiana, spogliata della ricchezza nel Primo Tempo di questo osceno film, e delle libertà individuali nel Secondo Tempo, si ritroverebbe con solo l’ultimo pilastro, quello della democrazia. Ma l’edificio democratico, se abitato da una popolazione in costante emergenza economica con conflitti tra poveri e senza più una cultura dei diritti e delle libertà individuali, diventa un’edificio vuoto, obsoleto, incapace di generare promozione sociale, crescita civica, emancipazione individuale; in quell’edificio si possono solo riflettere, deformati, i conflitti sociali senza guida politica, allo stato brado, che le politiche neoliberiste teorizzano e producono attraverso l’eliminazione di tutti i corpi intermedi (Sindacati, ong, volontariato laico e religioso, cittadinanza attiva…). Così si consuma da dentro anche l’ultimo pilastro che può essere mantenuto come involucro vuoto e impotente ma adatto a restare formalmente nell’alveo dei paesi democratici, sull’esempio di quanto sta già accadendo in Polonia, Ungheria, Brasile o Turchia.

Occorre che tutti quelli che non vogliono più vedere questo film si mettano fortemente in discussione: le sinistre maggioritarie autocriticando le politiche fatte dagli anni 90 ad ora (magari fosse solo un problema della passata gestione o del “carattere” di un dirigente…) oppure scegliendo l’approdo liberaldemocratico per presidiare e ricostruire quel campo in modo non elitario; quelle minoritarie uscendo dalla testimonianza per cimentarsi con un progetto egemonico capace di uscire dalla minoritarietà permanente; i 5s scegliendo definitivamente, anche nelle forme nuove che li contraddistinguono, il campo dello stato di diritto e della democrazia formale e sostanziale.

Così ridefinite queste forze sarebbero maggioranza nel Paese, la maggioranza più progressista che questo paese abbia mai avuto.

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