In Italia siamo talmente presi a seguire le baruffe chiozzotte quotidiane dei nostri due semi-leader alla guida del governo nazionale che nessuno praticamente se n’è accorto: la “sinistra” avanza proprio là dove meno te l’aspetteresti, proprio là dove è nato e ha prosperato per circa un trentennio il capitalismo avviato dai due profeti iper-liberisti, Ronald Reagan per gli Usa e Margaret Thatcher per la Gran Bretagna, entrambi a capo, negli anni 80, di quelle che furono nel secolo scorso le due superpotenze economiche globali improntate a un capitalismo che proprio loro hanno trasformato in iper-capitalismo, cioè un capitalismo che è non solo grande nelle sue dimensioni, ma è addirittura abnorme nelle sue pretese.
I ricchi, aumentati di numero e di potere, hanno influenzato sempre di più, coi loro soldi, i politici (che avevano sempre più bisogno di denaro per finanziare le loro campagne elettorali) ed essendo nel genere umano la fame di denaro una fame che non si sazia mai, grazie a questo infausto connubio quel breve periodo di felice crescita economica a vantaggio di molti si è presto trasformato, a partire dal nuovo millennio, in un semplice trionfo dell’iper-capitalismo super liberista e super-egocentrico. In questo mio post di cinque anni fa spiego molto più in dettaglio le cause profonde di questa transizione e può essere quindi considerato parte integrante di questo articolo:
Ma in supporto a questa tesi è ora venuto uno splendido articolo di uno che ha titoli e grandi capacità tecniche per esprimere opinioni di peso, specialmente quando si tratta di fenomeni macroeconomici. E’ il Nobel in economia Joseph Stiglitz, che nel suo recentissimo e articolo The economy we need traccia non solo in modo chiarissimo le cause dell’attuale crisi politica, frutto dell’inquinamento economico – ancor prima che politico – prodotto proprio dagli eccessi dell’iper-capitalismo super-egocentrico, ma anche di ciò che si dovrebbe fare per rimettere su binari di reale correttezza democratica il sistema capitalista (al quale poco o tanto appartengono tutti gli economisti di successo).
Non è possibile qui toccare tutti i punti, l’articolo è lungo sei pagine, ma l’introduzione data dall’editore è già sufficiente a tracciare la linea cardine del pensiero che Stiglitz vuol trasmettere. Traduco: “Dopo 40 anni di fondamentalismo del mercato, l’America e gli imitatori europei stanno perdendo la gran parte (di consenso) dei propri cittadini. A questo punto, solo un nuovo contratto sociale – che garantisca ai cittadini le cure sanitarie, l’educazione (scolastica), una pensione sicura, un alloggio adeguato e un dignitoso lavoro pagato decentemente – può salvare il capitalismo e la democrazia liberale”.
Il risultato del referendum sulla Brexit e l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca (è sempre Stiglitz a dirlo) sono già un segnale chiarissimo della frattura avvenuta negli ultimi tre anni tra il popolo e i suoi eletti nelle maggiori democrazie occidentali.
L’America, a lungo riverita come culla delle opportunità aperte a chiunque per salire la scala sociale, oggi è largamente superata in questo da molti altri paesi. L’Europa, pur imitandola troppo (specialmente negli ultimi anni) ha tuttavia costruito nel tempo un sistema di welfare molto più profondo ed efficace, tuttavia ancora insufficiente a riparare le profonde ferite lasciate nel corpo sociale dalle due profonde crisi recessive che hanno già colpito il sistema macroeconomico dei paesi industrializzati. E questo è dovuto principalmente non ai soliti ben noti problemi delle economie nazionali, ma alla mancanza di adeguato controllo soprattutto sulle sempre più complicate e ardite transazioni finanziarie.
Dice ancora Stiglitz: “La vera e sostenibile ricchezza di una nazione non deriva dallo sfruttamento selvaggio delle sue risorse e del suo popolo ma dall’ingegno e dalla cooperazione, spesso facilitati dall’opera dei governi e dalle istituzioni dei paesi evoluti”.
La continua deregolazione delle attività economiche e finanziarie, unitamente allo sviluppo che le stesse hanno avuto per effetto delle innovazioni tecnologiche e dei sistemi di comunicazione, hanno prodotto un apparato statale e sociale che non obbedisce più, come in passato, alle regole e linee guida date dai legislatori, ma a semplici regole di convenienza mercantile che finiscono col premiare chi ha grandi mezzi economici per avvantaggiarsi.
Stiglitz conclude bocciando seccamente il quarantennio capitalista “neo-liberista”, iniziato negli anni 80, i cui eccessi stanno ora distruggendo non solo il sistema capitalista ma insieme anche il modello delle democrazie che, molto meglio governate nel trentennio tra gli anni 50 e 80 del secolo scorso, rischiano ora di sparire a causa dei convergenti populismi di destra e di sinistra.
Quello che tuttavia Stiglitz propone per l’America: un welfare più ampio e universale. L’Europa lo aveva già raggiunto nel Dopoguerra, ma ora lo sta gradualmente perdendo a causa di crisi che si susseguono quasi senza sosta (la prossima è già in arrivo). Forse saranno proprio gli americani, nelle prossime elezioni del novembre 2020, a segnare il ritorno del pendolo a sinistra. Ma qui non c’è più spazio: ne parleremo nel prossimo articolo.