Venerdì 17 maggio 2019, mentre a Brescia onoravamo la memoria del vigile Michele Liguori di Acerra inaugurando la sede della Polizia Ambientale della Provincia di Brescia, a Napoli – nel massimo silenzio istituzionale e dei media – venivano finalmente pubblicati i primi dati ufficiali (2010-2012) del registro tumori di Napoli, la terza città metropolitana di Italia, la Capitale di Terra dei Fuochi, fulcro dell’ovvio massimo danno da antropizzazione della intera regione Campania, con un milione di cittadini da monitorare. Dati che sinora erano stati sempre esclusi dalla epidemiologia ufficiale regionale.
Sorprende molto, rispetto al roboante stile comunicativo sinora caratteristico dell’amministrazione De Luca, tanto silenzio, tanto disinteresse istituzionale: come mai? Perché?
Ricordiamo benissimo le comunicazioni in stile hollywodiano della Regione Campania quando si trattava di certificare la buona salute delle pummarole campane. “The winner is… pummarola San Marzano!” urlò a squarciagola il nostro presidente assicurando che Terra dei Fuochi non esisteva perché le pummarole erano sane e pulite.
Ancora in stile da Premio Pulitzer abbiamo assistito a megagalattiche conferenze stampa quando sono stati comunicati i dati del registro tumori infantile: Terra dei Fuochi non esiste perché in Campania i tumori dei bambini sono 165 per milione di abitanti mentre in Italia sono 175, in Lombardia addirittura sfiorano i 200. Tutti purtroppo tacevano sul fatto che in Europa e negli Usa sono soltanto 140 per milione di abitanti e che la Campania era passata da 108 a 165 negli anni compresi tra il 1993 e il 2012 mentre tutta Italia, già con i dati peggiori d’Europa, saliva da 138 a 175. I dati certificavano così un danno in Campania maggiore che in Europa e negli Usa e con una velocità di crescita più alta del resto d’Italia negli ultimi venti anni.
Dettagli considerati insignificanti.
E adesso che, dopo oltre trent’anni di nulla, escono i dati sui tumori dei cittadini proprio di Napoli centro, come mai tanto silenzio istituzionale? E soprattutto come si inseriscono questi dati nel contesto regionale, ormai completo, dei dati di tutti i registri tumori?
Questi dati nascono da sacrifici enormi di pochi colleghi sottofinanziati e sappiamo che sono stati fatti salti mortali per recuperare qualche centinaio di migliaio di euro per dotare di risorse umane e tecnologiche la Asl più grande d’Europa e metterla in condizione di essere accreditata Airtum soltanto nel febbraio 2019, consentendo, quindi, la pubblicazione dei primi dati. Che strano: non si trovano gli spiccioli per dare risorse adeguate per la conoscenza del danno sanitario oncologico a Napoli centro, eppure con delibera di Giunta Regionale n. 180 del 24.4.2019, ben 23 milioni di euro vengono affidati per ricerche al Dipartimento di Sanità Pubblica e all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Portici. Pummarola San Marzano batte cittadino napoletano per 23 milioni di euro a 300mila? Pare proprio di sì.
Io sono un cittadino ammalato nel 2018 di cancro alla prostata che mostra un eccesso statisticamente significativo rispetto a tutta Italia sin dal 2012. Tra quanti anni sarò censito pure io? Ce la farò a sapere quanti eravamo nel 2018 prima di morire? Ho provato a lanciare questo allarme di eccessivo ritardo nella produzione dei dati e di eccessiva anticipazione della malattia nella nostra popolazione me compreso, ma purtroppo la notizia sui giornali fu soltanto: “Medico del Pascale va a curarsi al nord!”.
Tornando ai dati, torno anche a Michele Liguori, che si è sacrificato per difendere la propria terra facendo analizzare nel solo territorio di Acerra 120 pozzi e facendone sequestrare ben 87 (insieme al generale Sergio Costa oggi ministro dell’Ambiente). Il valore di questi sequestri si comincia a capire adesso, leggendo da specialisti non omertosi i dati dei registri nel contesto regionale. Tutti i pozzi sequestrati da Michele Liguori e dal generale Costa vedevano nel tricloro e nel tetracloroetilene i principali inquinanti riscontrati in falda: queste sostanze sono da tempo considerate patogeneticamente correlate alla insorgenza di cancro della vescica nelle industrie insalubri di scarpe, borse e vestiti.
Adesso sappiamo che non a Napoli centro, ma nella Asl Na 2 e a Caserta in particolare (il vero epicentro di Terra dei Fuochi, cioè la più grande fabbrica “a nero” del mondo di scarpe, borse e vestiti), si registrano picchi significativi in eccesso di cancro della vescica. Questi picchi non risultano in centro città.
Gli opifici “a nero” di scarpe, borse e vestiti in Terra dei Fuochi esistono nell’hinterland, coinvolgono decine di migliaia di lavoratori “a nero” e fanno male a tutti, andando ad inquinare i pozzi con il tricloro ed il tetracloroetilene contro cui ha combattuto da solo, morendone, il vigile Michele Liguori. Questa è soltanto la prima delle considerazioni tecniche che possiamo cominciare a fare anche ricevendo dati scarni, grezzi, ed al di fuori del contesto regionale.
Viene di fatto confermato adesso, nel 2019, il paradosso epidemiologico del lontanissimo “studio Bertolaso” del 2007 sul rischio ambientale in Campania legato alla presenza di migliaia di discariche abusive non nei centri cittadini ma nei territori agricoli: si registrano alcuni tipi di cancro di più nelle zone più “agricole” che in quelle più “antropizzate”.
Se, a cominciare dai medici, tutti avessero fatto il proprio dovere come lo ha fatto Michele Liguori, quanti tumori in meno adesso troveremmo in Terra dei Fuochi?