“Ci sarebbero dovute essere, in giro per la città, auto della Polizia municipale munite di megafoni per allertare la popolazione, mezzi con nastri e transenne atti a chiudere le strade, pronti a concentrarsi nel punto in cui la criticità si fosse palesata tale. E un raccordo costante con forze dell’ordine e vigili del fuoco, oltre che con le direzioni scolastiche e le aziende di trasporto pubblico“. A scriverlo è la Corte di Cassazione nelle motivazioni con cui i giudici hanno disposto un secondo processo d’appello all’ex sindaca di Genova Marta Vincenzi e ad altri 5 imputati per i 6 morti dell’alluvione del 4 novembre 2011. Va ricordato che la Suprema Corte ha già confermato la responsabilità dell’ex prima cittadina rinviando alla corte d’appello solo per rideterminare le pene. Ribadisce la sua soddisfazione l’avvocato Emanuele Olcese che rappresenta i familiari di Serena Costa, 19enne travolta dall’onda di fango mentre andava a prendere il fratellino a scuola. “Non immaginavamo carenze così evidenti, ora il Comune deve pagare i risarcimenti”, dice il legale.
I giudici della Cassazione scrivono tra l’altro che prima dell’esondazione del rio Fereggiano, che causò i decessi, “c’era ancora quasi un’ora di tempo, ma in realtà non si fece nulla“. I magistrati, parlando del Comune di Genova, aggiungono che “non è vero che ci si fosse attrezzati per gestire l’emergenza, una volta concretizzatasi in un punto specifico”.
Al Centro di Protezione civile di Genova, il cosiddetto “Coc“, come scrive il consigliere Vincenzo Pezzella, si vedevano “i suoi soggetti principali, che peraltro erano stati via gran parte della mattinata nonostante l’emergenza in atto, in preda alla confusione: ed a quel punto era ormai presente in loco anche il sindaco Vincenzi, come ricorda il giudice di primo grado, che, diversamente da quelli di appello, ritiene importante ricostruire l’ora precisa in cui la stessa Vincenzi tornò al Matitone (sede del Comune, ndr)”. In proposito la Cassazione ritiene che l’ex sindaco di Torino Piero Fassino non abbia “buona memoria” a dire che la Vincenzi si era trattenuta alla congresso Eurocities oltre le 12 del 4 novembre.
Secondo la Suprema Corte, “a fronte di una scelta, che non era politica, ma di alta amministrazione, che legittimamente poteva essere assunta da chi gestiva, per legge o di fatto, l’emergenza, quale era quella di non chiudere preventivamente le scuole, la soluzione che si imponeva, era quella di attivare le risorse per poter immediatamente intervenire qualora l’evento si fosse effettivamente verificato, assumendo ex ante solo i provvedimenti cautelari ritenuti necessari ed attuabili”. Ma purtroppo, afferma la Cassazione, “diversamente da quanto opinano i difensori degli imputati, la macchina allestita fu colposamente insufficiente ed inefficiente“.
Quando si celebrerà l’ appello bis, e si “andrà a riquantificare la pena“, non si potrà “non tenere conto che il contemporaneo impegno ad Eurocities ha comunque reso alla Vincenzi più complessa la gestione dell’emergenza e ne attenua la responsabilità rispetto ad altri soggetti, quale l’assessore Francesco Scidone e il massimo responsabile tecnico Gianfranco Delponte che se ne sono occupati in via esclusiva, dall’inizio alla fine. E che non a caso si palesano come coloro che, in primis, orchestrano il falso” sulla inesistente presenza del volontario Andrea Magini lungo il rio Fereggiano. La condanna della ex sindaca sarà un po’ “limata” mentre dovrebbe essere aumentata quella per Scidone e Delponte.