“Ciao a tutti”, direbbe Crozza. Tanti italiani come me usano Uber e si trovano benissimo. Per questo, ministro Toninelli, il suo decreto anti-Uber, pronunciato in nome del popolo italiano, mi ha lasciata basita! Lei che è molto smart sa benissimo che basta un’applicazione da scaricare sul cellulare e da New York a Bombay, da San Paolo passando per Londra e Lisbona, possiamo richiedere un auto Uber, il conto viene accreditato direttamente sulla carta di credito, con cambio di valuta in corso. Io lo chiamo un buon servizio, lei no?
Esistono tre categorie, dal prezzo basic a quella di lusso; il costo di base non supera di molto la tariffa di un nostro taxi. Le auto sono confortevoli, quasi ministeriali (sì, piacerebbero anche a lei, ministro), l’autista ti offre una bottiglietta d’acqua, ti prende la valigia, insomma coccolano il cliente. E, sempre tramite l’app, puoi dare una stella di gradimento al servizio (da una a 5).
La nuova normativa, appena entrata in vigore, prevede che ad ogni fine corsa i conducenti Uber debbano rientrare in rimessa. La normativa, oltre a creare caos, traffico, inquinamento, tempi di attesa lunghissimi, costi aggiuntivi e disagi per tutti, rischia di lasciare a casa 5000 di loro. E solo per difendere la lobby dei tassisti? Nel resto del mondo convivono pacificamente, tassisti e uberini, da noi si fanno la guerra all’ultima corsa. Eppure il lavoro su piazze importanti come Roma e Milano ci sarebbe per tutti. Pensi che perfino per i cinesi di passaggio a Milano c’è un uber “fai da te” in mandarino.
Faccio un esempio: sabato 18 aprile, Milano, ore 16, chiamo il radiotaxi 8585… aspetto, aspetto, mi martellano con pubblicità di ogni tipo (le mie orecchie non hanno diritto alla privacy?) e dopo 8 minuti d’attesa: “non abbiano taxi in zona”. Eppure abito in zona Porta Venezia e il raduno dei salvinizzati a Piazza Duomo era finito da un pezzo.
Chiamo Uber, solitamente l’attesa è di pochi minuti, con la nuova normativa del “tagliando” in rimessa si allunga. Mi arriva Michele Fanigliulo, mi spiega che su 20 corse oggi gliene hanno annullate la metà. Se continua l’andazzo non avrà i soldi per pagare a fine mese il leasing dell’auto e il mutuo per la licenza noleggio con conducente. A lui era andata benino perché di seconda mano l’aveva pagata solo 50mila euro. Solo? Prima di lavorare per Uber lavorava in un’azienda manifatturiera che ha chiuso. La sua storia di disperazione è simile a quella di tanti altri che perso il lavoro si sono dati una seconda chance con Uber.
A loro, caro Toninelli, non ci pensa?
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