“Il web è destinato a stracciare la televisione. La lascerà lì, stramazzare al suolo, senza prestarle soccorso, agonizzante, poi morta stecchita”. È stato detto decine di volte, quasi una profezia. E invece, almeno per il momento, questa scena degna di Game of Thrones, nella quale il sadico web pugnala la “vecchia” televisione, non s’è vista. Soprattutto per quel che riguarda la televisione generalista. Chi lavora sul web, o anche chi lo usa ogni giorno, lo sa bene e vale soprattutto per l’intrattenimento, che poi è una parte fondamentale per entrambi questi mezzi.
La televisione generalista fa numeri che il web nemmeno vede col binocolo. Qualsiasi cosa nasca sul web, vede il proprio ‘ciclo di notorietà’ aumentare vertiginosamente con un solo passaggio in tv. I giornali online lo sanno bene: se a un certo punto, inspiegabilmente, il numero di lettori di un articolo pubblicato magari giorni prima sale vertiginosamente, la ragione è una sola: stanno parlando di quell’argomento, in tv. E le storie nate in rete, anche quelle più condivise e cliccate, trovano il loro Sacro Graal solo quando la televisione generalista ne dà conto.
E i social? Twitter, soprattutto, sembra trovare nel tubo catodico nutrimento prediletto. E ci dà anche un’indicazione al contrario: i programmi tv che danno l’impressione di andare benissimo sui social sono molte volte un flop all’auditel. La tv ammicca al web e viceversa, ma la prima vince ancora. Tanto che, se uno guarda i numeri delle piattaforme streaming dei canali televisivi più seguiti (Rai e Mediaset, va da sé), si trova di fronte un deserto che manco l’autogrill di Somaglia alle 5 di mattina.
Eppure, qualcosa sta per cambiare. La rivoluzione, amici. Una rivoluzione che si chiama Fiorello. “L’idea del progetto per la Rai è di fare qualcosa per RaiPlay, perché in questo momento chi la guarda? Solo Salini… I contenuti saranno le esperienze degli ultimi anni tutte insieme. Quindi leggerò giornali, farò interviste. E’ il vero varietà. Abbiamo già scelto la location ma non posso dirvela. Lasciate stare i guadagni e concentratevi sul prodotto che consenta di rilanciare la piattaforma. Sono una specie di testimonial di RaiPlay“. Queste le parole dello showman. Che ha deciso di fare quello che sa fare (cioè praticamente tutto) nella piattaforma streaming Rai. Il varietà. Un contenuto pensato per un mezzo che viene adattato a un altro mezzo, totalmente diverso. E se la chiave fosse proprio questa? Contenuti che riescano a diventare trasversali e quindi ‘veicolabili’ nei due Grandi Mondi? Se il “giochino” di Fiorello dovesse riuscire, se dovesse trascinare pubblico su un canale web della tv generalista, potrebbe essere il primo passo della Grande Migrazione.
La tv che ‘si fa la casa al mare’, trasformando la scena alla Game of Thrones in un’unione tra due mondi, anziché in una guerra. Meno epico? Non necessariamente. E più funzionale. Ogni rivoluzione ha bisogno di un condottiero: lasciamo che Fiorello si metta in gioco (tutelando così anche il suo percorso: fare qualcosa di nuovo è sempre meglio che rifare il già fatto, rischiando di peggiorare) e ci guidi. Tenendo certo ben a mente che “la révolution doit apprendre à ne pas prévoir”.