Cultura

Daniele Parisi, tra supermercati e one man show questo attore mi ricorda Nino Manfredi

Qualche settimana fa mi ha contattato questo ragazzone sorridente e pieno di ricci che ama definirsi pariolino, ma del Pigneto. Si chiama Andrea Baroni e fa il regista. Il suo cortometraggio s’intitola 9 su 10 e da lì a pochi giorni lo avrebbe presentato in una proiezione romana, così, attirato da un trailer ben curato e dalla presenza di un attore a mio avviso fenomenale come Daniele Parisi, sono andato a guardarlo. Caratterista romano che da un po’ stimo e seguo, avendolo visto per la mia prima volta nella commedia più sottovalutata degli ultimi anni, un indie intitolato Orecchie, nel corto Daniele è in un supermercato insieme alla compagna per fare la spesa. Incontrano una bambina mascherata da principessa Disney e così inizia una conversazione sulla possibilità di avere figli, oggi, per due 35enni più o meno squattrinati e un po’ disorientati dalla vita e dal lavoro esile.

Lo scontro si rivelava scritto in punta di fioretto, con la parlantina romanesca di lui che smorza gli entusiasmi di lei, francesina dal carattere aguzzo, aprendo anche il pubblico a riflessioni non banali sulla coppia. Il testo è imbevuto di un’attualità vivace e la regia muove la macchina da presa con dinamismo, costruendo con le corsie del supermercato una piacevole rete di geometrie e colori saturi dal gusto pop.  A fine presentazione, dopo aver parlato con Andrea, ho conosciuto anche Daniele. Dopo due chiacchiere su film e percorso d’attore che sta facendo al cinema, mi ha invitato a teatro, per vedere il suo spettacolo La vita è una beffa, un monologo che avrebbe portato a metà maggio al We GIL di Roma, a Trastevere. Così non mi sono fatto sfuggire l’occasione e l’altra sera sono andato a vedere anche questo.

Proprio sulla stessa piazza dove si trova il Nuovo Sacher di Nanni Moretti c’è questo un nuovo spazio della Regione Lazio che ha trasformato un ex palazzo fascista abbandonato da decenni in frizzante microcosmo culturale di eventi quasi sempre a ingresso gratuito. Per arrivare alla sala percorro una mostra fotografica su Pier Paolo Pasolini. Fa un po’ impressione vederla sotto un enorme muro di pietra dedicato a un’ampia cartina di bassorilievi coloniali sull’Africa fascista. Ma il riuso architettonico moderno vuol dire anche, in questi casi, mutare gli spazi in meglio, musealizzandone il male passato come monito e accostandolo a un chiaro segno di libertà.

Sul palco Parisi entra con una chitarra e la voce intonata di un cantante indie che a Sanremo spopolerebbe. Corpo, attore e autore di questo one man show, cerca e ottiene il coinvolgimento del pubblico per tutto il tempo, a partire dai coretti nei quali ti coinvolge. “Come va? – Che ne so?” quello d’apertura, sa già di piccolo tormentone. Tutto viene naturale con Daniele, dal canticchiare al suo segnale al ridere di cuore, a volte anche amaramente, per i suoi arzigogoli umoristici.

Ecco, finalmente, chi mi ricordava questo attore! A prima vista, con gli occhi malinconici e il fare dimesso che porta nei suoi personaggi cinematografici, sembrerebbe un cucciolo spennacchiato di Nino Manfredi. Non solo, perché la sua arte, quando inizia a donartela dal palco, alza la cresta. Tira fuori la verve comica di un cavallo di razza, scherza sulla calvizie e il taglio di capelli ossessivo con un dialogo irresistibile tra marito e moglie. I suoi giochi di parole filano spediti come witz intorno al tema dell’amore. “Chi è innamorato alzi la mano” ci chiede. E da lì tesse un velo di divertimento coloratissimo che unisce la sala in un sacco di risate inconsulte di donne che imbecca con raffinato mestiere.

Il romanesco la fa costantemente da lingua madre, non coatto però. E lui si rivela pure un rumorista, uno che riesce a inventarsi scenari, situazioni ed effetti sonori solo con voce e corpo. Modulazioni elastiche, travestimenti vocali in mille personaggetti del popolino provengono da quello stesso pantheon che ha costellato la commedia all’italiana. Il trasformismo presenta un che pure dell’universo teatrale di Antonio Rezza, per la verità, ma se Rezza splende come anarchico del palcoscenico, Daniele è uno uscito dall’Accademia d’Arte Drammatica, e si vede. Ma la sua aristocrazia attoriale la utilizza tutta per fondersi col pubblico, non per distaccarsene al di sopra. Per questo mi ricorda Manfredi.

In ogni modo voce e corpo gli mutano tra fisime e fregole degli italiani medi su temi come il corteggiamento, la dieta, l’avere figli. Si sbraccia, Daniele, per le crudité, i broccoletti e il piccantissimo piri-piri. Ma che ne sappiamo noi che non soffriamo di reflusso esofageo. Così tra un gorgheggio, uno sketch e stilettate d’umorismo di qualità cristallina, raccoglie i suoi meritati applausi questo attore che il cinema italiano farebbe bene a prendere più in considerazione.

A Locarno ha portato lo scorso anno L’ospite, di Duccio Chiarini, una commedia agrodolce che non ha ancora data di uscita italiana. Nel dubbio che ne vengano tallonate distribuzione e tenitura dalle solite major, se amate cinema nuovo e attori freschi e coinvolgenti, state in campana per quando sarà in sala. Ma se nel frattempo vi doveste imbattere in una locandina che ritrae Daniele Parisi per un suo spettacolo nella vostra città, beh, potreste scoprire anche voi un ottimo attore, piccolo grande intrattenitore e menestrello.