“La mafia sarà sconfitta e debellata” anche perché “le idee di Falcone e Borsellino continuano a camminare”, dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma la politica ha la grande capacità di dividersi anche nel giorno del 27esimo anniversario dell’assassinio di Giovanni Falcone, nel giorno in cui “dovremmo essere tutti uniti” come aggiunge Tina Montinaro, vedova di Antonio, caposcorta del giudice, ucciso con lui nell’attentato di Capaci. Alla commemorazione dell’aula bunker dell’Ucciardone a Palermo hanno già annunciato la loro assenza da sinistra Claudio Fava, presidente della commissione Antimafia della Regione Siciliana, e da destra il governatore Nello Musumeci. Diverse le motivazioni. Politica quella di Fava, che marcherà visita in polemica con il ministro dell’Interno Matteo Salvini. “Il mio problema non è che invitino Salvini – dice – Il mio problema è che chiedano a lui di dire e a noi di ascoltare. Fossi io la sorella di Giovanni Falcone avrei chiesto a Salvini di venire e di tacere. Di ascoltare e di prendere appunti. Più vaga la spiegazione del presidente della Sicilia Musumeci che parla di “troppo veleno“: “Tutto questo non suona a rispetto della memoria del giudice Falcone e dei poveri agenti della scorta”. Dall’altra parte Maria Falcone, la sorella del giudice ucciso il 23 maggio 1992 dalla carica di tritolo sull’autostrada per Palermo. “Queste sono beghe di piccola entità. I ministri vengono, come sono venuti ogni anno, a prescindere dal governo. Rappresentano il momento in cui lo Stato è presente e questo non può non esserci”. Dal governo parla per il momento il ministro guardasigilli Alfonso Bonafede, poco prima della partenza della “nave della legalità” che come sempre da Civitavecchia raggiungerà Palermo con 1500 studenti: “Non rispondo a nessuna polemica politica perché non siamo qui per fare polemiche e credo che sia importante la presenza dello Stato”.

Fava – esponente storico della sinistra siciliana, scrittore, sceneggiatore dei Cento passi – su facebook scrive un lungo post: “Hanno trasformato il ricordo del giudice Falcone nel festino di Santa Rosalia – accusa – Al posto dei vescovi e dei turibolanti che spargono incenso, domani ci saranno i ministri romani, gli unici che avranno titolo per parlare (con la loro brava diretta televisiva) e per spiegarci come si combatte Cosa Nostra. Cioè verranno loro, da Roma, per spiegarlo a noi siciliani, a chi da mezzo secolo si scortica l’anima e si piaga le ginocchia nel tentativo di liberarsi dalle mafie”. Fava annuncia che andrà a Capaci, alla casina No Mafia, sopra il luogo della strage di Capaci da dove sarebbe stato premuto il telecomando che ha provocato l’esplosione del tritolo, alla contromanifestazione organizzata da Arci e Anpi. E chiama in causa la stessa Fondazione Falcone, presieduta dalla sorella del giudice. “Se fossi io la Fondazione Falcone – aggiunge – avrei invitato i signori ministri nell’aula bunker di Palermo per ascoltare il procuratore generale di Palermo, il direttore del centro Impastato, il presidente della fondazione La Torre, il procuratore di Agrigento (quello che Salvini vuole denunziare), il sindaco di Palermo, il portavoce della cooperativa Placido Rizzotto che si occupa da 20 anni dei beni confiscati ai corleonesi, un paio di giornalisti che di mafia ne scrivono ogni giorno da un quarto di secolo, il presidente di Libera, quello di Addio Pizzo e magari anche il sottoscritto, per spiegare alle autorità romane quello che abbiamo imparato sulle antimafie di latta, sugli amici innominabili del cavaliere Montante a Roma e altrove, sul codazzo di senatori, nani, false vittime e ballerine che agitano la scena siciliana da molto tempo. Ma così non sarà. Verrà Salvini, e parlerà. Gli altri, muti. Pazienza”. D’altra parte, prosegue Fava, commemorare Falcone e gli altri caduti “pretende rigore di ragionamenti, condivisione di esperienze, domande e risposte sulla lotta alle mafie e sulle antimafie di cartapesta, pretende verità e rispetto, non ridicole passerelle in cui un manipolo di signori venuti da Roma, che capiscono di mafia quanto io capisco di canasta, ci verranno a spiegare, ad istruire, ad ammonire, a rassicurare. E noi zitti”.

Ma “non c’è nessuno che viene a parlare – risponde Maria Falcone – I ministri ci sono perché devono esserci, rappresentano lo Stato che viene a commemorare i suoi caduti”. La sorella del giudice sottolinea che “l’anniversario della strage di Capaci simboleggia l’unità della Nazione nella lotta alle mafie e nella difesa della democrazia, della libertà e della legalità. Il 23 maggio si rende onore non solo a mio fratello Giovanni, a sua moglie Francesca Morvillo, a Paolo Borsellino e agli eroici agenti delle scorte, ma anche a tutti gli altri uomini e donne delle istituzioni che hanno sacrificato le loro vite per tutti noi. Il mio augurio è che nessuna polemica sporchi le celebrazioni in ricordo delle stragi di Capaci e Via D’Amelio”. E’ importantissimo, aggiunge Maria Falcone, “che tanti cittadini testimonino, partecipando alle manifestazioni, che la Sicilia rifiuta a viso aperto la mafia”.

Però alle manifestazioni non parteciperà il cittadino che rappresenta tutta la Sicilia, il governatore Nello Musumeci: un tempo nella Destra, poi fondatore di un suo movimento regionale (Diventerà Bellissima) e alla fine primo presidente siciliano a partecipare – da indipendente – a un’edizione di Pontida. Musumeci sarà assente all’Ucciardone, “per la prima volta” e “dolorosamente” precisa: “Mi dispiace per la signora Falcone. Le polemiche sono tante, c’è troppo veleno, c’è troppo odio e tutto questo non suona al rispetto della memoria del giudice Falcone e dei poveri agenti della scorta”. Quindi andrà solo alla caserma Lungaro per la deposizione della corona di alloro da parte del capo della polizia e tornerà a lavorare in ufficio “per tentare di tirare fuori i ragazzi dal condizionamento che subiscono ogni giorno da parte della criminalità organizzata, che si nutre e si alimenta della disperazione dei giovani”.

L’invito all’unità arriva dal capo della polizia Franco Gabrielli: “Penso che quando iniziative del genere vedono emergere divisioni, è una sconfitta per tutti. Credo che questi dovrebbero essere momenti per la costruzione di una memoria condivisa”. Falcone “è un modello etico e professionale per noi magistrati” dice il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho.

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