Deborah Sciacquatori, la 19enne che domenica 19 maggio a Monterotondo, vicino a Roma, ha sferrato un colpo fatale al padre, poi morto, ha raccontato ai pm una vita di soprusi e maltrattamenti da parte del padre
“Io e mamma non credevano più nel futuro. Per questo non siamo mai nemmeno andate al pronto soccorso per farci medicare, per questo non abbiamo mai denunciato“. Così Deborah Sciacquatori, la 19enne che domenica 19 maggio a Monterotondo, vicino a Roma, ha sferrato un colpo fatale al padre, poi morto, ha spiegato ai pm che indagano sull’accaduto come hanno fatto lei, la madre e la nonna a sopportare i maltrattamenti e le violenze quotidiane di quell’uomo. “La mia vita è stata sempre un inferno, da quando ero bambina. L’unico ricordo bello che ho di mio padre – ha detto nel verbale – è di quando tra i 6 e gli 8 anni andavamo insieme in palestra. L’amore per la boxe è l’unica cosa che mi ha lasciato”. Eppure, subito dopo averlo colpito, quando ha visto che si accasciava a terra, lo ha preso tra le braccia urlando: “Non lasciarmi papà, perdonami. Ti voglio bene”.
Nel suo racconto ai pm Deborah descrive i suoi occhi come “spiritati”, come riferisce Repubblica: “Mi guardava con lo sguardo, con quegli occhi. Si muoveva a scatti quando era ubriaco. Diceva che gli dovevo volere bene perché lui era mio padre. E per questo mi insultava, mi urlava contro. Passavo moltissimo tempo chiusa in camera – ha raccontato ai magistrati tornando con la memoria alla sua infanzia – mentre lui fuori se la prendeva con mia mamma, le urlava cose terribili. Pensavo che se avessi studiato, avrei potuto trovare un lavoro e andarmene via da quella casa. La verità è che lo avrei già fatto se non avessi avuto paura che lui, senza di me, avrebbe ucciso mamma e nonna“.
Quando le discussioni degeneravano in liti e lui “era ubriaco si accaniva contro mamma. A volte faceva come per strozzarla, le stringeva un braccio intorno al collo. Allora io avevo davvero paura. Anche la notte faccio spesso incubi e mi sveglio di soprassalto per paura che lui la uccida nel sonno. Tante volte mi sono chiesta e ho chiesto a mia madre perché sopportasse tutta questa situazione. La picchiava un giorno sì e un giorno no. E lei mi rispondeva che si piegava perché aveva paura che lui ci facesse del male. Lui comandava tutti“. E anche sabato mattina “voleva bere. Ha insultato mia madre perché le andasse a prendere delle birre e quando lei è tornata le ha lanciato contro una bottiglia, non c’era modo di calmarlo”. Per questo quando ha visto il padre avventarsi contro la madre e stringerle il braccio intorno al collo, Deborah non ci ha pensato due volte ad intervenire e l’ha colpito prima con i pugni e poi le è partita la coltellata alla nuca. Sarà ora l’autopsia a stabilire se l’uomo sia morto per la ferita da taglio o per i pugni ma intanto il procuratore Francesco Menditto ha rimesso in libertà la ragazza dopo tre giorni di domiciliari ritenendo che quanto accaduto rientri pienamente nella legittima difesa.