La domanda numero uno rimane sempre la stessa: perché Cosa nostra decise di assassinare Falcone a Capaci? E con quelle modalità spettacolari? Il giudice poteva essere facilmente ammazzato a Roma, dove spesso girava a piedi e a volte persino senza scorta. E infatti Totò Riina aveva inviato nella Capitale un commando di morte fatto di uomini scelti: Matteo Messina Denaro, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, Lorenzo Tinnirello e Fifetto Cannella. Dovevano ammazzarlo per strada a colpi di kalashnikov. “Noi avevamo un’indicazione per cercare Falcone che frequentava un ristorante che si chiamava Amatriciana ed invece il ristorante era Il Carbonaro“, ha raccontato lo stesso Sinacori. Un banale errore di ristorante, dunque, ritarda l’agguato mortale per il magistrato del Maxiprocesso. A un certo punto, però, arriva il contrordine: “Riina – ha ricordato Sinacori – mi disse di tornare giù perché aveva trovato una soluzione migliore. Sono tornato a Roma e ho spiegato a Matteo la situazione”. Un altro superpentito, Gaspare Spatuzza, ha definito quel “cambio di programma” con queste parole: “La genesi di tutto è quando si decise di non uccidere più Falcone a Roma con quelle modalità e si torna in Sicilia: lì cambia tutto e poi non c’è solo mafia”. In che senso poi non c’è solo mafia?

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Strage di Capaci, due nuovi indagati. Il pentito: “Per uccidere Falcone c’era anche l’artificiere del boss Usa John Gotti”

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Palermo, in bici elettrica in un cantiere a chiedere il pizzo: arrestato 40enne della famiglia Graviano

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