La controriforma è servita. Fedele alla promessa di smontare (quasi) totalmente la Buona scuola di Matteo Renzi, il governo gialloverde ha rivisto anche la parte che riguardava l’inclusione scolastica, cioè le modalità di certificazione e assegnazione delle ore di sostegno agli alunni disabili. In questo caso la necessità di un passo indietro era condivisa dal mondo della scuola e delle famiglie, che temevano che la svolta fosse solo una scusa per un taglio delle risorse. Già a fine 2018 il governo aveva lasciato intendere di non voler proseguire su quella strada, tanto da inserire una proroga in extremis nell’ultima legge di Bilancio e adesso è ufficiale: l’ultima parola sul sostegno spetterà ancora alle scuole, con un coinvolgimento importante delle famiglie. Non sempre serve cambiare.
L’ASSEGNAZIONE DELLE ORE RESTA ALLE SCUOLE
La principale novità del decreto 66/2017 riguardava l’assegnazione delle ore di sostegno, tolta alle scuole per essere affidata a dei gruppi esterni (GIT) diretti dall’amministrazione. L’intenzione del ministero dell’Istruzione era creare una procedura più snella e moderna, riducendo il contenzioso. Il sospetto delle associazioni che fosse una manovra per sottrarre alle famiglie l’arma dei ricorsi (da cui si origina un gran numero di cattedre “in deroga” ogni anno) e tagliare posti. Nel dubbio, il nuovo governo ha fatto marcia indietro: la scelta fondamentale di quante ore spettano a un alunno disabile resta all’interno del Pei (Piano educativo individualizzato), firmato dal GLO, il gruppo di lavoro interno all’istituto di cui fanno parte preside, docenti di sostegno, genitori, ecc… La garanzia migliore per le famiglie. I nuovi Git daranno solo un parere non vincolante al preside.
IL NUOVO “PROFILO DI FUNZIONAMENTO”
È invece confermato il passaggio, già previsto dalla Buona scuola, al nuovo “profilo di funzionamento”: in sintesi, l’assegnazione delle ore viene slegata dalla condizione di disabilità; si guarderà al contesto d’inserimento dello studente per cui uno meno grave, in ambiente disagiato, potrebbe ricevere più sostegno di uno grave in un contesto favorevole. Anche su questo punto c’erano diversi timori (fino ad oggi ai casi gravi veniva sempre riconosciuto il massimo di ore, anche giuridicamente era un appiglio importante per le famiglie), ma era necessario trovare una valutazione più “moderna”. L’accertamento del grado di “disabilità ai fini scolastici” spetterà alle Commissioni per l’invalidità civile e non più alle Asl (che ora avranno competenza solo sull’accertamento del funzionamento sanitario). È un passaggio in più, ma serve a evitare contraddizioni visto che in precedenza spesso le aziende sanitarie si concentravano troppo sul funzionamento corporeo e poco sul contesto.
NIENTE VINCOLI PER I DOCENTI
Ciò che manca è una vera svolta sulla “continuità didattica”, chiesta da famiglie e associazioni contro i troppi trasferimenti: niente separazione delle carriere tra docenti comuni e di sostegno (inaccettabile per i sindacati), bocciata anche l’ipotesi di legare i docenti al ciclo di studi degli studenti seguiti. L’unica novità, già prevista dalla precedente versione, è la possibilità per la famiglia di chiedere la “conferma” del supplente, in modo almeno da evitare la girandola dei docenti precari; questo, però, a condizione che abbia il titolo di specializzazione sul sostegno.
IL NUOVO SISTEMA SOLO NEL 2020/2021
Come si vede, il testo approvato in Consiglio dei ministri comprende questioni estremamente tecniche, da cui però dipende il funzionamento del sostegno e l’assistenza a scuola dei ragazzi disabili. “È un provvedimento che sancisce una vera e propria rivoluzione copernicana per la disabilità a Scuola”, ha spiegato il sottosegretario Salvatore Giuliano. Si tratta soprattutto di una conferma dell’attuale sistema, che rischiava di essere rivoluzionato (quello sì, e forse non in positivo) dal decreto della Buona scuola. “Questa versione ci sembra decisamente migliorata rispetto alla precedente”, commenta Salvatore Nocera della Fish (Federazione per il superamento dell’handicap) che segue da tempo l’iter della riforma. Per vederla all’opera bisognerà però pazientare: il testo entrerà in vigore a settembre, dunque per il prossimo anno scolastico le certificazioni e l’assegnazione delle risorse (che si fa in questo periodo) avverrà ancora col vecchio meccanismo. Poi serviranno una serie di decreti attuativi (almeno una decina) che al momento non ci sono e che eventuali crisi di governo e rallentamenti nell’amministrazione potrebbero ulteriormente rinviare. Il nuovo sistema di sostegno scatterà dunque solo a partire dal 2020/2021, se tutto andrà bene.
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