Ora con lo sviluppo dell’e-commerce è in corso nel Milanese una crescita dei magazzini logistici e dei centri di trattamento e distribuzione della merce privati. Quindi non solo interporti o stazioni merci per i trasporti e la movimentazione di pacchi e pacchetti, ma ancor più piattaforme private sparse sul territorio. In una ricerca della Luiss in collaborazione con World capital emerge che intorno alla regione Lombardia sono presenti 850 magazzini che costituiscono il 35% della dotazione totale nazionale. La rete logistica milanese è passata da 12 milioni di metri quadrati di superficie del 2011 ai 14,7 milioni del 2016 (+2,7 milioni di mq). La dimensione media di questi impianti è di 20mila metri quadrati.

Il mercato immobiliare e degli affitti ha avuto una forte impennata, assieme al consumo di suolo. Se si aggiungono altri settori come l’edilizia residenziale, l’industria, le infrastrutture di trasporto e la distribuzione commerciale grande e piccola, la somma porta la Lombardia al primo posto per consumo di suolo. La Regione infatti è la prima d’Italia con 3.100 ettari di cemento, il 12,9% della superficie territoriale lombarda. Seguono il Veneto (12,2%) e la Campania (10,3%).

Nel settore della logistica ci sono impianti con automazione spinta e cooperative di facchinaggio che spostano a mano i pacchi. Resta questo “dualismo” concorrenziale all’interno delle medesime funzioni: molte imprese puntano su moderne tecnologie di movimentazione, su robusti sistemi informatici che gestiscono gli ordini, le spedizioni e le scorte. Troppo lentamente le nuove imprese stanno sostituendo le cooperative di facchinaggio, che basano la loro competitività sul lavoro precario degli extracomunitari da un lato, e sull’evasione fiscale – con regimi di orario normativi e salariali gestiti spesso dalla criminalità organizzata anziché dal sindacato – dall’altro.

Il commercio e la grande distribuzione necessiterebbero di una programmazione pubblica che regoli la crescita del settore. Come se non bastasse, lo sviluppo caotico del comparto è assecondato dalla sua associazione di rappresentanza, la Confcommercio, che anziché proporre politiche innovative e sostenibili è gestita come se il mondo si fosse fermato agli anni Sessanta.

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