Sono rimasti in carcere per 10 mesi con l’accusa di violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, additati dal ministro dell’Interno e da quello delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini e Danilo Toninelli, come “delinquenti”, “violenti dirottatori che dovranno scendere in manette”, “facinorosi da punire senza sconti”. Oggi, come riporta il Corriere della Sera, il Tribunale di Trapani ha però assolto i due migranti, Ibrahim Tijani Bushara, sudanese di 31 anni, e Ibrahim Amid, 26enne ghanese, che nel luglio 2018 avevano dirottato il rimorchiatore civile Vos Thalassa che li stava riportando in Libia. Hanno agito “per legittima difesa”, ha spiegato il giudice Piero Grillo. E adesso i legali della difesa hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo denunciando la violazione dell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sul diritto all’equo processo, sostengono gli avvocati, da parte dei due rappresentanti del governo con le loro dichiarazioni colpevoliste nei confronti di persone non ancora processate e giudicate.
Era il luglio del 2018, con il governo giallo-verde appena insediato e il neo capo del Viminale che aveva iniziato al sua campagna dei porti chiusi, quando i due giovani africani, tra i 67 soccorsi dall’equipaggio del rimorchiatore, si sono accorti che la nave che li aveva salvati dal naufragio li avrebbe riportati in Libia, dove sarebbero nuovamente finiti in uno dei centri di detenzione dove violenze, omicidi ed estorsioni sono all’ordine del giorno. Così hanno accerchiato il comandante costringendolo a fare rotta verso l’Italia, contrariamente a quanto disposto da Roma. I due, avevano poi raccontato i membri dell’equipaggio, avevano mimato il taglio della gola, gesto interpretato dal comandante come una chiara minaccia.
I racconti di alcuni dei loro compagni di viaggio, avevano poi ridimensionato la versione dell’equipaggio che aveva portato i due ministri a parlare di “delinquenti che devono finire in galera”, visto che i ragazzi avevano urlato “no Libia, no Libia”, mimando il taglio della gola per far capire che tornare nel Paese nordafricano, per loro, avrebbe significato morire.
Versione, quest’ultima, condivisa anche dal giudice che ha quindi disposto l’immediata scarcerazione dei due dopo averli assolti. Nelle motivazioni, Grillo ha specificato che il fatto, ossia il dirottamento, non costituisce reato perché avvenuto “per legittima difesa” dovuta alla prospettiva di essere riportati in un Paese insicuro e pericoloso.
Ma la sentenza ha anche altre conseguenze oltre all’assoluzione dei due. La prima è che crea un precedente importante sul giudizio nei confronti dei migranti e delle organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo, riconoscendo ancora una volta che la Libia non è un porto sicuro, tanto da giustificare la legittima difesa da parte delle persone soccorse. Secondo, gli avvocati dei due hanno annunciato ricorso di fronte alla Corte di Strasburgo che dovrà analizzare l’atteggiamento tenuto da Salvini e Toninelli nelle ore seguenti al dirottamento. Le accuse e le parole usate contro i due migranti violerebbero, a loro parere, l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sull’equo processo, in quanto quei “delinquenti”, violenti dirottatori che devono scendere in manette” e “facinorosi da punire senza sconti” sono stati pronunciati da autorità pubbliche.