Italia-Svezia 1-0: per usare una metafora calcistica, la candidatura di Milano-Cortina alle Olimpiadi invernali 2026 è davanti a fine primo tempo. A dare questo piccolo, ma prezioso vantaggio sulla rivale Stoccolma è la relazione della Commissione di valutazione del Cio sulle due candidature. Quella italiana “soddisfa tutti i criteri”, ha un “forte sostegno di Coni, governo e privati”, offre “luoghi iconici e un’esperienza indimenticabile per gli atleti”. Promossa a pieni voti, insomma. Quella svedese pure, ma con una serie di dubbi e distinguo, dal mancato supporto del governo comunale di Stoccolma ai fondi tutti privati e poco garantiti, che finiscono inevitabilmente per indebolirla. Un’indicazione importante in vista del prossimo 24 giugno, quando il Comitato olimpico internazionale sceglierà a Losanna la sede dell’edizione 2026.
Quando a inizio aprile gli ispettori Cio, guidati dal capo delegazione Octavian Morariu, avevano lasciato l’Italia dopo una settimana di visite in giro per Lombardia e Veneto, il n. 1 del Coni Giovanni Malagò era visibilmente soddisfatto. “È andata bene, ora la candidatura è più forte”, dicevano gli esperti. Avevano ragione e oggi si capisce il perché: la relazione stesa dai delegati non fa altro che tessere le lodi di Milano-Cortina. Il progetto “abbraccia pienamente la sostenibilità e sfrutta l’esperienza, la passione e la tradizione dell’Italia negli sport invernali. È guidata dal Coni, ha il sostegno unificato del movimento sportivo, del settore privato e delle amministrazioni nazionali, regionali e cittadine”: inizia così il documento che mette in luce anche il forte consenso popolare a sostegno dei Giochi (83% secondo gli ultimi sondaggi, contro un risicato 55% svedese). Si cita persino la firma del premier Giuseppe Conte sotto la lettera di garanzia.
Proprio il sostegno del governo, caldeggiato fortemente dalla Lega e dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti (che per il futuro oltre ai servizi alla fine ha promesso anche soldi pubblici all’evento, nonostante gli accordi col Movimento 5 stelle prevedessero inizialmente l’autosufficienza delle Regioni), sembra fare la differenza. Certo, c’è anche qualche piccola ombra: riguarda soprattutto la scelta di distribuire su così tanti territori le gare, con ovvie ricadute sui trasporti e la sicurezza; per non parlare della folle scelta salomonica di sdoppiare lo sci tra Bormio e Cortina (c’è una relazione della Federazione internazionale che consiglia di fare tutto in Veneto). Il documento parla anche della traballante economia italiana e la sua crescita inferiore alle attese, ma sono dettagli: l’Italia piace tanto al Cio, non è più un mistero.
Lo stesso non si può dire della Svezia, almeno non con i medesimi toni. Certo, il Paese scandinavo ha un’enorme tradizione e non ha mai ospitato i Giochi invernali (circostanza sottolineata anche nella relazione, quasi ci fosse un debito da ripagare, e che spaventa l’Italia). Però deve fare i conti con una serie di problemi interni che hanno indebolito la candidatura. Il governo alla fine ha firmato la lettera di garanzia su servizi e diritti, ma il Comune di Stoccolma non ha voluto sottoscrivere il contratto di città ospitante: ha dovuto farlo Are, piccola città di 11mila abitanti che non ha certo lo stesso peso (e nemmeno la stessa forza economica) della Capitale. Un grave gap. L’altro punto riguarda i soldi: il progetto svedese si basa al 100% sulla contribuzione privata, che per il Cio rappresenta un “modello sostenibile per il futuro” ma anche un cospicuo fattore di rischio. Tanto più che “al momento in cui viene redatto il documento – sottolineano i delegati – i nomi delle istituzioni o delle compagnie, così come i rispettivi livelli di contribuzione finanziaria, sono ancora da determinare”. Non si sa bene chi pagherà, insomma. Molto meglio i cari, vecchi fondi pubblici garantiti dall’Italia. Per quanto riguarda la candidatura svedese, inoltre, il Cio ha sottolineato potenziali rischi di natura ambientale. “Lo sviluppo della sede di Hamra posizionata in una vecchia cava potrebbe incontrare rischi legati alla terra contaminata e protezione della qualità dell’acqua” è scritto nel report, dove si legge anche che tre sedi (Are, Falun e Sigulda) si trovano inoltre all’interno o adiacenti ad aree naturali protette e richiedono cura e attenzione particolare”, per evitare un impatto ambientale. Non solo, il Comitato ha aggiunto inoltre che “le condizioni atmosferiche ventose possono influire sul programma delle gare” e che “il calendario richiede oltretutto un’ulteriore pianificazione operativa per l’elevato volume di eventi”.
La differenza, insomma, c’è e si vede anche numericamente: cercando tutte le “challenges” (“sfide” per usare un termine elegante, da intendersi però come criticità), se ne contano ben 20 per la Svezia, solo 13 per l’Italia. Il vantaggio di Milano-Cortina insomma sarebbe anche più di 1-0, se non fosse che questa relazione ha un valore tutto sommato limitato. Il giudizio della commissione non è vincolante, serve solo da “guida” agli 86 membri Cio che hanno diritto di voto e il prossimo 24 giugno sceglieranno la sede dei Giochi. I dossier sono importanti ma la storia (anche recente) è piena di casi in cui le indicazioni tecniche, a volte anche schiaccianti, sono state disattese in favore di logiche diverse (l’ultimo per i Giochi 2016, che Rio de Janeiro si aggiudicò sbaragliando rivali del calibro di Spagna e Usa, nonostante avesse i giudizi peggiori di tutti). Le Olimpiadi si vincono (o si perdono) la notte prima del voto, tra strane alleanze, accordi geopolitici e patti segreti.