I due erano rivali, ma senza eccessi. Nell'ultima settimana, però, i candidati di centrodestra e centrosinistra si sono rimpallati le colpe del debito monstre della Regione. Il tutto in una corsa alla presidenza passata nel silenzio, con pochi temi sul tavolo, tranne la Tav
Era stata una campagna elettorale tranquilla, fin troppo, quella delle elezioni regionali in Piemonte. I candidati erano rivali, ma senza eccessi. Questione di understatement sabaudo o forse anche di quel detto che vuole i piemontesi “falsi e cortesi”. L’outsider, il candidato M5s Giorgio Bertola, denunciava l’idillio tra i due principali concorrenti, il presidente uscente Sergio Chiamparino (Pd) e l’eurodeputato Forza Italia, Alberto Cirio, e quest’ultimo replicava sostenendo si trattasse soltanto di rispetto. Poi, a una settimana esatta dal voto, l’idillio sembra essersi interrotto, col centrodestra e col centrosinistra che si rimpallano le colpe del debito monstre del Piemonte, settima regione italiana per popolazione, nona per Pil pro capite. Nel frattempo il Pd cercava di fare campagna per attirare il “voto utile” dei Cinque Stelle cercando di fare leva sul fatto che se il centrodestra vincesse qui governerebbe l’intero nord Italia. La verità è che, almeno a livello di ribalta mediatica, quel che accade in questa campagna elettorale dal Monviso al Ticino è offuscato da quella per le elezioni Europee: “Ci sono in ballo i leader che prendono la scena”, spiega Christopher Cepernich, direttore dell’Osservatorio sulla Comunicazione Politica e Pubblica dell’Università di Torino.
L’idillio Pd-Fi e gli outsider
Il candidato favorito è l’eurodeputato Alberto Cirio, originario di Alba, ex assessore all’Istruzione e al turismo della giunta di Roberto Cota. Era stato lanciato lo scorso anno dal senatore Gilberto Pichetto Fratin, ma l’ufficializzazione della candidatura è arrivata soltanto a fine marzo. A sostenerlo, oltre a Lega e Forza Italia, ci sono anche Fratelli d’Italia, Udc e Sì Tav Sì Lavoro per il Piemonte nel Cuore, la formazione di Mino Giachino, ex sottosegretario ai trasporti del governo Berlusconi e promotore, insieme alle “Madamine”, delle manifestazioni a sostegno della Torino-Lione. I sondaggi davano questa coalizione in vantaggio e Cirio venerdì ha firmato un patto col governatore ligure, Giovanni Toti, mostrando una forte intesa. “Dopo questo voto tutto il Nord Italia potrebbe essere governato dal centrodestra”, osserva Lorenzo Pregliasco, co-fondatore dell’agenzia di ricerche sociali e comunicazione politica Quorum e direttore del web magazine YouTrend.
Starebbe recuperando margine sull’“amico Alberto” il governatore uscente Chiamparino, già sindaco di Torino per due mandati, poi eletto alla Regione nel 2014 con il 47 per cento delle preferenze, forte anche dei guai giudiziari della giunta di Roberto Cota, tra firme false e rimborsi gonfiati. Chiamparino è sostenuto da sette liste: Pd, Moderati, +Europa Sì Tav, Chiamparino per il Piemonte del Sì, Demos, Liberi Uguali Verdi e L’Italia in Comune, il movimento civico di Federico Pizzarotti. “Chiamparino potrebbe avere più voti delle liste che lo sostengono – continua Pregliasco – perché è un volto più noto di Cirio ed è più trasversale”.
Si schiera contro “l’idillio tra Chiamparino e Cirio”, anche se per il secondo si tratta di semplice “rispetto”, il consigliere regionale M5s Giorgio Bertola, la cui campagna elettorale è cominciata a ottobre, quando venne scelto dagli iscritti di Rousseau. Volto istituzionale e pacato del M5s, a volte in dissenso con la sindaca di Torino Chiara Appendino, non ha disdegnato qualche attacco nel merito a Chiamparino, senza però ottenere la scena e pagando la crisi d’immagine del movimento che quattro anni fa, col candidato Davide Bono, era arrivato al 20,34 per cento (21,45 % le preferenze per Bono) e ora invece potrebbe ottenere meno. Corre da solo anche il Popolo della Famiglia di Adinolfi, che candida Valter Boero, docente alla facoltà di Scienze agrarie all’Università di Torino e presidente del Movimento per la Vita. A sorpresa di tutti è riuscito a raccogliere le firme necessarie per candidarsi, ma resta ancora un candidato ignoto ai più (e su Facebook la sua pagina ha circa 116 fan). È rimasto fuori dalla corsa Massimiliano Panero, esponente della lista di destra che comprendeva anche Casapound: non avevano raccolto le firme facendo leva su una regola di cui, secondo la commissione elettorale della Corte d’appello di Torino e secondo la giustizia amministrativa, non potevano avvalersi.
Domina il Tav
Si passeggia per le vie di Torino o per un comune qualsiasi delle province e, dai manifesti elettorali, si nota una cosa: l’assenza di temi. Tra le liste, però, se ne trovano due che hanno aggiunto la dicitura “Sì Tav”. L’unico tema forte di questa campagna elettorale è stato la Torino-Lione, su cui ora si dibatte poco. D’altronde, dallo scorso novembre, cioè da quando le “Madamine” e Mino Giachino hanno portato in piazza Castello (proprio sotto il suo ufficio) circa 25mila persone a favore dell’opera, Chiamparino si è impossessato del tema per avviare una battaglia politica contro il governo giallo-verde. Aveva proposto addirittura una consultazione popolare, una specie di referendum, da tenere il 26 maggio, ma Matteo Salvini l’ha bocciata. Alla fine ha invece arruolato in una lista Patrizia Giordano, una delle “Madamine”. La Tav, però, non è l’unica infrastruttura su cui si dibatte: c’è anche l’autostrada Asti-Cuneo, un’opera avviata e interrotta da anni su cui il governatore ha avviato una battaglia col governo.
Altro grosso tema: i nuovi ospedali, vecchi ospedali che chiudono, la regolarizzazione degli infermieri precari e la chiamata di medici pensionati per colmare i buchi, situazione dovuta anche alle difficoltà economiche della Regione. “Questo voto non è un referendum su una grande opera – ha attaccato Bertola martedì sera in un confronto all’Unione industriale lanciando un altro tema – Il Piemonte è l’unica regione del Nord che ha avuto un piano di rientro per la sanità per via dei disastri del centrodestra e del centrosinistra”. Una parte del centrodestra e il M5s si sono opposti alla chiusura di alcune strutture ospedaliere molto specializzate, come ad esempio l’ospedale oftalmico e quello infantile Regina Margherita, mentre Chiamparino nel corso del suo mandato ha investito moltissimo sulla creazione di nuove strutture, il Parco della Salute a Torino e la Città della Salute a Novara.
Una campagna silenziosa
A scapito di alcune ultime elezioni regionali, quelle in Abruzzo, Basilicata e Sardegna, la campagna piemontese non ha avuto una grande visibilità sui media nazionali e questo potrebbe non aiutare a smuovere quella grossa fetta di elettori ancora indecisi. “Arriva in contemporanea alle Europee – spiega Pregliasco – Quindi c’è meno attenzione per quelle locali. Inoltre in un contesto di campagna elettorale permanente, quelle fatte a ridosso del voto hanno meno rilievo”. I media non aiutano: “I giornali non hanno più grande diffusione – afferma Cepernich – Le tv nazionali non se ne interessano, i manifesti costano molto ai partiti e il tasso di professionalizzazione dell’uso di social network dei candidati è basso. Avrebbero dovuto investire di più lì”. Le analisi della campagna su Facebook dimostrano che Cirio e Chiamparino hanno quasi lo stesso numero di fan su Facebook, circa 33mila, mentre Bertola ne ha un terzo e Boero poco più di cento. “Tuttavia Bertola ha una capacità di share e engagement più alta perché il M5s ha una base reale più attiva online”, continua Cepernich. Il candidato grillino, nota ancora il direttore dell’Osservatorio, “sembra essere andato di più sui temi”, ma in generale “non c’è il classico tema su cui dibattono”.