Il ministro dell'Interno intervistato da La Stampa parla delle strategia in vista del voto: "Ho già sentito Farage, gli olandesi, i francesi e i tedeschi. Veduti comuni anche con ungheresi e polacchi". E il leader di Fidesz apre: "Non voglio che il Partito popolare leghi il suo destino con la sinistra"
Con Farage “siamo già in parola. Come con gli olandesi, i francesi e i tedeschi. Abbiamo vedute comuni anche con ungheresi e polacchi pur appartenendo a famiglie diverse. Possiamo fare davvero la rivoluzione in Europa”. Così il vicepremier Matteo Salvini, in un’intervista a La Stampa, delinea le strategie della Lega in vista delle elezioni Europee di domenica 26 maggio. È l’alleanza che il Carroccio sogna per cambiare la Ue: Wilders – che però rischia di rimanere senza un seggio – Le Pen, Farage e AfD. Ma intanto i sovranisti guardano anche all’ala più estrema del Ppe, quella rappresentata da Viktor Orban. E lo stesso fa il premier ungherese che in un’intervista a Bild in edicola oggi svela: “Salvini in Italia fa un buon lavoro e per questo non bisogna escludere un’alleanza dopo le elezioni”. “Non voglio che il Ppe leghi il suo destino con la sinistra“, ha dichiarato il leader di Fidesz. Le proposte della sinistra sui migranti e sull’Europa sociale non sono in linea con i popolari, ha sottolineato Orban.
Se a Strasburgo Salvini progetta il ribaltone, in Italia, assicura il ministro dell’Interno, il governo non cambierà perché con il premier Giuseppe Conte “lavoro bene” e questo “è quello che conta”, ha rimarcato. Per stemperare le tensioni interne all’esecutivo, Salvini ora gioca a fare il moderato: “Sono in modalità zen“, assicura. Il leader della Lega anzi critica il M5s per i troppi attacchi, ultimo in ordine di tempo quello di Luigi Di Maio dopo l’idea del Carroccio di cancellare il reato di abuso d’ufficio: “Di Maio me ne dice di tutti i colori. Ma ho deciso di non rispondere“, replica Salvini a La Stampa. Una strategia per l’ultima settimana di campagna elettorale che il ministro dell’Interno ha imposto anche al resto del partito: “Ho detto ai miei ministri di non rispondere e di continuare a lavorare a testa bassa”.
“D’accordo – ammette Salvini – Gli attacchi dispiacciono. Uno se li aspetta dal Pd o da Berlusconi. Sentirli arrivare dagli alleati di governo è strano”, aggiunge. Giorgetti “è un po’ più arrabbiato di me. Lo capisco”, continua il ministro dell’Interno. Che però sul fatto che per i Cinquestelle sui rimpatri Gentiloni abbia fatto meglio, non riesce a non ribattere: “Questa è meravigliosa. Spero che nessuno abbia nostalgia del passato. È chiaro che sul tema rimpatri il ruolo dell’Unione europea sarà importante. Al momento mi limito a constatare che con me al ministero per la prima volta le espulsioni sono state il doppio degli arrivi“. Salvini poi assicura di non avere nostalgia del passato: “Non guardo indietro. Con Forza Italia amministriamo magnificamente in molti comuni. Ma sul governo ho dato la mia parola“.
Sul fronte Europee, il leader della Lega spera che “domenica vada a votare una valanga di persone per cambiare le cose”. “A Bruxelles sono nervosi, mi fa piacere”, prosegue Salvini replicando alle accuse di Guy Verhofstadt (Alde) che i sovranisti, dalla Lega a Le Pen e Farage, sono a libro paga di Putin: “Ho sempre detto che le sanzioni alla Russia hanno aggravato il problema. Lo dico non perché mi pagano i russi ma perché è un dato di fatto“.